Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/105

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98 pensieri (2953-2954)

colla mente. Imperciocché questo appunto è quello che noi facciamo, senz’avvedercene: rapportiamo ciascun suono elementare al corrispondente carattere dell’alfabeto e per questo mezzo ne concepiamo chiaramente e determinatamente l’idea distinta e separata, sempre che ci occorra, e la richiamiamo e riprendiamo a piacer nostro. Cosí facciamo dell’altre idee rispetto alle parole.

Ed è notabile che in questo secondo caso noi rapportiamo l’oggetto della nostra idea alla parola che lo significa, o pronunziata o scritta. Gli uomini avvezzi alla lettura sogliono per lo piú rapportarsi al vocabolo scritto, e concepir tutt’insieme l’idea di ciascuna cosa, del vocabolo che lo significa e della forma materiale in ch’egli si scrive. Vedi p. 3008. Ma gl’illetterati e i fanciulli si rapportano semplicemente al vocabolo pronunziato, e ciò basta a concepire l’idea determinata e chiara di qualsivoglia cosa il cui vocabolo si conosca, e di qualsivoglia vocabolo il cui significato ben s’intenda. Perocché ciascun vocabolo anche  (2954) semplicemente considerato nella sua profferenza, nella qual solamente possono considerarlo gl’illetterati, ha tanto corpo, e per cosí dire persona, e tanta consistenza, che basta a ferire i sensi, e quindi essere ritenuto nella memoria, e distinto col pensiero dagli altri vocaboli.

Il che non accade circa i suoni della voce. Perocché esso suono è il vocabolo di se medesimo; e quindi l’idea del suono e del vocabolo che lo significa essendo una cosa stessa e non potendosi l’uno riferire all’altro, la mente non è in verun modo aiutata dal linguaggio a concepire determinatamente e ritenere e richiamare a suo talento le idee d’essi suoni distinte l’una dall’altra. Vero è che non potendosi profferir da sé se non le vocali, tutti gli altri suoni hanno presso noi una sorta di nome, che non è propriamente esso suono nudo; come bi ci, sono nomi di b c. E nelle antiche lingue ciascun suono, anche vocale, portava un