Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/259

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252 pensieri (3217-3218)

mento e ragione a se stesse, il che è intervenuto in buona parte alla poetica, intervenne ancora all’arte musica.1 Quindi è che spessissimo sia giudicato buono ed ottimo dagl’intendenti, e perciò piaccia loro sommamente, e che sia melodia per essi, quello che dal popolo e da’ non intendenti è giudicato o mediocre o cattivo, che poco o niun effetto produce in essi, che poco o nulla gli diletta, che per essi non è assolutamente melodia: sebbene ei lodano sovente ed ammirano cotali composizioni di tuoni, o in vista delle qualità indipendenti dall’armonizzare della loro combinazione successiva, che di sopra ho descritte, o mossi dalla fama del compositore o dalla voce degl’intendenti o dal favore o dal diletto altre volte ricevuto nelle composizioni del medesimo o dalla coscienza della propria ignoranza o dalla maraviglia delle difficoltà e stranezze che in tali composizioni ravvisano, o dalla stessa novità, benché per essi nulla dilettevole musicalmente, o in fine da cento altre cause estrinseche e accidentali, o diverse e indipendenti dal diletto che nasce dal senso della melodia, cioè della convenienza scambievole de’ tuoni nel succedersi  (3218) l’uno all’altro. E per lo contrario interviene spessissimo che quelle successioni de’ tuoni, le quali per il popolo sono squisitissime, carissime, bellissime, spiccatissime e dilettosissime melodie, non ardisco dire non piacciano agli orecchi degl’intendenti, ma con tutto ciò dispiacciano al loro giudizio, e ne sieno riprovate, tanto che per essi talora non sieno neppur melodie quelle che per tutti gli orecchi e per li loro altresí sono melodie

  1. Maggiormente sconvenevole però si è questo nella musica che nella poesia. Perocché la scienza musicale, in ordine alla musica, è di piú basso e ben piú lontano rango, che non è la poetica in ordine alla poesia. Il contrappunto è al musico quel che al poeta è la grammatica. La musica non ha un’arte che risponda a quel ch’é la poetica alla poesia, la rettorica all’oratoria. Ben potrebbe averla, ma niuno ancora ha pensato a ridurre a principii e regole le cagioni degli effetti morali della musica e del diletto che da lei deriva, e i mezzi di produrli ec.