Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/273

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266 pensieri (3239-3240-3241)

stono, e niuna notizia avendone, ci fosse portato innanzi un corpo umano morto, e notomizzandolo noi giungessimo a conoscerne a una a una tutte le piú menome parti, e chimicamente decomponendolo arrivassimo a scoprirne ciascuno ultimo elemento; perciò forse potremmo noi conoscere, intendere, ritrovare, concepire qual fosse il destino, l’azione, le funzioni, le virtú, le forze ec., di ciascheduna parte d’esso corpo rispetto a se stesse, all’altre parti ed al tutto, quale lo scopo e l’oggetto di quella disposizione e di quel tal ordine che in esse parti scorgeremmo e osserveremmo pure co’ proprii occhi, e colle proprie mani tratteremmo; quali gli effetti particolari e l’effetto generale e complessivo di esso ordine e del tutto di esso corpo; quale il fine di questo tutto; quale insomma e che cosa la vita dell’uomo, anzi se quel corpo fosse mai e dovesse esser vissuto;  (3240) anzi pure, se dalla nostra stessa vita non l’arguissimo, o se alcuno potesse intendere senza vivere, concepiremmo noi e ritrarremmo in alcun modo dalla piena e perfetta e analitica ed elementare cognizione di quel corpo morto, l’idea della vita? o vogliamo solamente dire l’idea di quel corpo vivo? e intenderemmo noi quale e che cosa fosse l’uomo vivente e il suo modo di vivere esteriore o interiore? Io credo che tutti sieno per rispondere che niuna di queste cose intenderemmo; che volendole congetturare, andremmo le mille miglia lontani dal vero, o sarebbe a scommetter milioni contro uno che di nulla mai, neanche facendo un milione di congetture, ci apporremmo; finalmente ch’egli sarebbe cosa probabilissima, ch’esaminato e conosciuto quel corpo morto, in questa conoscenza ci fermassimo e neppur ci venisse in sospetto ch’ei fosse mai stato altro, né fosse mai stato destinato ad esser altro che quel che noi lo vedremmo e tale qual noi lo vedremmo, né della sua passata vita né dell’uom vivo ci sorgerebbe in capo la piú menoma conghiettura.  (3241)