Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/371

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364 pensieri (3398-3399-3400)

plicee nella semplicità energico, come porta la natura, e tale né piú né meno è la lingua loro, la quale generalmente non ha pregio nessuno se non questi, che sono pur pregi dello stile, ma non sempre, e che non bastano: 3o, che che ne dicano i pedanti, ogni volta che lo stile de’ trecentisti pecca di rozzo, anche la lor lingua è rozza; ogni volta che di barbaro, anche la lingua è barbara; ogni volta che di eccessiva semplicità ed inartifizio, anche la semplicità della  (3399) lingua passa i termini, com’é stato ben provato in questi ultimi tempi; e finalmente se talvolta il loro stile è tumido, falso, o insomma corrotto comunque (benché tal corruzione in loro sia piuttosto fanciullesca e d’ignoranza, che manifestante il cattivo gusto e la depravazione, che in essi non poteva aver luogo), allora anche la lingua non è da noi chiamata pura se non perché ed in quanto antica, secondo le osservazioni da me fatte altrove circa quello che si chiama purità di lingua.

Adunque lo stile, che colla lingua è cosí strettamente legato, è lo stesso nello spagnuolo e nell’italiano. Dico quello stile che dall’una e dall’altra nazione è riconosciuto per classico. Ebbero anche i francesi nel medesimo secolo del cinquecento uno stile conforme o quasi conforme allo spagnuolo e all’italiano, ma esso non è riconosciuto oggidí per classico da quella nazione, né per tale fu riconosciuto in quel secolo in che la letteratura francese pigliò forma e carattere e perfezionossi, insomma nel secolo aureo che dà legge  (3400) e norma, generalmente parlando, alla lingua e letteratura francese di qualunque secolo successivo. E se pur quello stile talvolta è o fu riconosciuto per classico da’ francesi (come in Amyot), ciò è come un classico che essi non debbono seguire né imitare, un classico diverso da quello che è classico oggidí per loro nelle scritture di questo secolo, un classico che in queste scritture sarebbe vizio, anzi non si comporte-