Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/9

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2 pensieri (2801-2802-2803)

della fortuna? Può nessuno assicurarsi o vantarsi  (2802) di non aver mai a perder l’uso della ragione, o per sempre o temporaneamente; o per disorganizzazione del cervello, o per accesso di sangue o di umori al capo, o per gagliardia di febbre, o per ispossamento straordinario di corpo che induca il delirio o passeggero o perpetuo? Non sono infiniti gli accidenti esteriori imprevedibili o inevitabili che influiscono sulle facoltà dell’animo nostro siccome su quelle del corpo? E di questi, altri che accadono ed operano in un punto o in poco tempo, come una percossa al capo, un terrore improvviso, una malattia acuta; altri a poco a poco e lentamente, come la vecchiezza, l’indebolimento del corpo, e tutte le malattie lunghe e preparate o incominciate già da gran tempo dalla natura ec. Perduta o indebolita la memoria non è indebolita o perduta la scienza, e quindi l’uso e l’utilità di essa, e quindi quella disposizion d’animo che n’é il frutto, e di cui ragionavamo? Ora qual facoltà dell’animo umano è piú labile,  (2803) piú facile a logorarsi, anzi piú sicura d’andar col tempo a indebolirsi od estinguersi, anzi piú continuamente, inevitabilmente e visibilmente logorantesi in ciascuno individuo che la memoria? In somma se il nostro corpo è tutto in mano della fortuna, e soggetto per ogni parte all’azione delle cose esteriori, temeraria cosa è il dire che l’animo, il quale è tutto e sempre soggetto al corpo, possa essere indipendente dalle cose esteriori e dalla fortuna. Conchiudo che quello stesso perfetto sapiente, quale lo volevano gli antichi, quale mai non esistette, quale non può essere se non immaginario, tale ancora, sarebbe interamente suddito della fortuna, perché in mano di essa fortuna sarebbe interamente quella stessa ragione sulla quale egli fonderebbe la sua indipendenza dalla fortuna medesima (21 giugno 1823).


*    Altro è il timore altro il terrore. Questa è pas-