Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/191

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186 pensieri (3798-3799)

riti; il seppellire uomini e donne vive insieme co’ lor signori morti, come s’usava in moltissime parti dell’America meridionale ec. ec., son cose notissime. Non v’è uso o azione o proprietà o credenza ec. tanto contraria alla natura che non abbia avuto o non abbia ancor luogo negli uomini riuniti in società. E sí i viaggi sí le storie tutte delle nazioni antiche dimostrano che quanto la società fu o è piú vicina a’ suoi principii, tanto la vita degl’individui e de’ popoli fu o è piú lontana e piú contraria alla natura. Onde con ragione si considerano tutte le società primitive e principianti, come barbare, e cosí generalmente si chiamano, e tanto piú barbare quanto piú vicine a’ principii loro. Né mai si trovò, né si trova, né troverassi società, come si dice, di selvaggi, cioè primitiva, che non si chiami, e non sia veramente, o non fosse, affatto barbara e snaturata (o vogliansi considerar quelle che mai non furon civili, o quelle che poscia il divennero, quelle che il sono al presente ec. ec.). Dalle quali osservazioni si deduce per cosa certa e incontrastabile che l’uomo non ha potuto arrivare a quello stato di società che or si considera come a lui conveniente e naturale, e come perfetto o manco  (3799) imperfetto, se non passando per degli stati evidentemente contrarissimi alla natura. Sicché se una nazione qualunque si trova in quello stato di società che oggi si chiama buono, s’ella è o fu mai, come si dice, civile, si può con certezza affermare ch’ella fu, e per lunghissimo tempo, veramente barbara, cioè in uno stato contrario affatto alla natura, alla perfezione, alla felicità dell’uomo, ed anche all’ordine e all’analogia generale della natura. I primi passi che l’uomo fece o fa verso una società stretta lo conducono di salto in luogo cosí lontano dalla natura, e in uno stato cosí a lei contrario, che non senza il corso di lunghissimo tempo, e l’aiuto di moltissime circostanze e d’infinite casualità (e queste difficilis-