Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/426

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(4043-4044) pensieri 421

ché? se né questi né quelli sono punto superiori gli uni agli altri nel godimento e nel piacere, ch’è l’unico bene dell’uomo? Ciò vuol dire che la vita è per se stessa un male. Occupata o divertita, ella si sente e si conosce meno, e passa, in apparenza, piú presto, e perciò solo gli uomini occupati o divertiti, non avendo alcun bene né piacere piú degli altri, sono però manco infelici: e gli uomini disoccupati e non divertiti sono piú infelici, non perché abbiano minori beni, ma per maggioranza di male, cioè maggior sentimento, conoscimento, e diuturnità (apparente) della vita, benché questa sia senza alcun altro male particolare. Il sentir meno la vita e l’abbreviarne l’apparenza è il sommo bene, o vogliam dire la somma minorazione di male e d’infelicità che l’uomo possa conseguire. La noia è manifestamente un male, e l’annoiarsi una infelicità. Or che cosa è la noia? Niun male né dolore particolare (anzi l’idea e la natura della noia esclude la presenza di qualsivoglia particolar male o dolore), ma la semplice vita pienamente sentita, provata, conosciuta, pienamente presente all’individuo, ed occupantelo. Dunque la vita è semplicemente un male: e il non vivere, o il viver meno, sí per estensione che per intensione, è semplicemente un bene, o un minor male, ovvero preferibile per se ed assolutamente alla vita ec. (8 marzo 1824). Vedi p. 4074.  (4044)


*   Forse diminutivo positivato: σπήλᾳον (spelaeum). Vedi i lessici (9 marzo 1824).


*    Alla p. 4025. Vedilo pure tom. II, lib.7, p. 158, lib. VIII, p. 219, analoghi a’ quali v’ha diversi altri luoghi nello stesso autore (9 marzo 1824). Vedi qui sotto.


*    Menare, portare, tirare ec. pel naso - τῆς ῥινὸς ἔλκειν nello stesso senso. Luciano, Dial. Deor. Iov. et Iunon., t. I, Opera, 1687, p. 196. Vedi i lessici e la Crusca