Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/9

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4 pensieri (3523-3524)

Quindi, per contrarie cagioni e con ben contrari effetti (veggasi la p. 3517-8), son tornate le cose appresso a poco nel loro stato primiero. I giovani massimamente, sono ben piú odiosi e dannosi de’ vecchi, perché in essi alla disposizione intera e alla decisa volontà di mal fare si aggiunge il potere e la facoltà; e l’ardor giovanile, e la forza e l’impeto e il fiore delle passioni, che un dí conduceva gli uomini al bene, ora, conducendogli dirittamente e pienamente e decisamente al male, rende gl’individui tanto piú cattivi, perniciosi ed odiabili, quanto esso ardore è piú grande. Laddove i vecchi sono, non dirò già piú stimabili né venerabili, ma piú tollerabili e meno da essere odiati e fuggiti che quelli dell’altre età, siccome meno potenti di mal fare, benché a ciò solo inclinati; e siccome anche meno desiderosi di nuocere e di far bene a se e male altrui, perché piú freddi, e di piú sedate passioni, e dalla lunga esperienza piú disingannati  (3524) de’ piaceri e de’ vantaggi di questa vita, e fatti meno avidi, e di desiderii men vivi; essendo la freddezza e l’esperienza che un dí furon cagione d’ogni male e malvagità, divenute oggi cagione, non già di bene né di bontà, ma di minor male e cattiveria, che non il calor naturale e l’inesperienza che già furon cagioni principali di bontà, ed or sono cagioni di maggiore ribalderia. Da principio dunque fu la vecchiezza rispetto alla gioventú (e proporzionatamente all’altre età), come il meglio al bene; poscia come il cattivo al buono: in ultimo è (e probabilmente sarà sempre) come il manco male al male, o come il cattivo al pessimo.

Quel che s’é detto della vecchiezza e della gioventú ec. dicasi ancora di quei caratteri e disposizioni degl’individui, o naturali e primitive, o acquistate e avventizie, le quali hanno faccia e sembianza di vecchiezza, di gioventú ec. e rispondono all’indole e qualità proprie di queste età, benché ad esse disposizioni ec.