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Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/296

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(4343-4344) pensieri 287

ralissimo, ovvio e semplicissimo. Chi potea mai pensare a comporre in prosa prima dell’uso (facile, comune, in carta o simili materie portabili, non in bronzo o marmo o legno) della scrittura? come conservare tali composizioni? Parlare in prosa, anche a lungo, si poteva, e parlavasi, raccontavasi in  (4344) prosa, arringavasi, e simili, ancora in pubblico; ma né i parlatori né gli altri pensavano a desiderare non che a procurar durazione a tali prose, stanteché nessuno neppur sospettava la possibilità che tali prose si conservassero, perché la memoria non le potea ritenere. Da altra parte, gli uomini inclinati naturalmente alla poesia ed al canto, come apparisce dal vedere che quasi tutte le nazioni selvagge hanno delle poesie, poetavano e componevano in versi: da prima senza speranza né disegno che questi si conservassero, non piú che i discorsi in prosa; poi, visto che la memoria potea ritenerli, si pensò, si provvide alla loro conservazione: quando il conservarli e l’impararli fu divenuto cosa comune, quando vi furono degli uomini che ne fecero un mestiere (i rapsodi appo i greci), allora naturalmente anche la composizione de’ versi divenne una specie d’arte; fu piú accurata, piú colta; infine v’ebbe una letteratura poetica; e ciò senza scrittura, e mentre che la prosa, non ancora coltivata in niun modo perché non conservabile, era affatto lontana dal poter far parte di letteratura. Quindi è naturale che quando la scrittura fu divenuta comune, e però si poté comporre in prosa, questa fosse infante, mancasse l’arte, mentre la poesia era già molto avanzata; e la lingua poetica fosse già formata da piú secoli, mentre la prosaica era anco informe. Vedi la p. 4238, capoverso 2. V’ebbe una letteratura assai prima della scrittura, cioè del comune uso di essa; ma tal letteratura non fu e non poteva essere che poetica. Vedi p. 4354.

Tutto ciò accadde naturalmente e non già per