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Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/64

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(4135-4136) pensieri 59



*    Senz'altra (cioè niuna) considerazione avere dei suoi meriti. Casa, Galateo, c. 14; Opere, Venezia, 1752, t. III, p. 261, fine.


*    Φησὶ, φήσει, sottinteso τις, per φασὶ, φήσουσι. Vedi Toup., ad Longinum, sect. 2, init., sect. 9, init., sect. 29, fin. 44, p. 234, fin., dove non approvo le sue emendazioni.


*    La società contiene, ora piú che mai facesse, semi di distruzione e qualità incompatibili colla sua conservazione ed esistenza, e di ciò è debitrice principalmente alla cognizione del vero e alla filosofia. Questa veramente non ha fatto quasi altro, massime nella moltitudine, che insegnare e stabilire verità negative e non positive, cioè distruggere pregiudizi, insomma tòrre e non dare. Con che ella ha purificato gli animi, e ridottigli quanto alle cognizioni in uno stato simile al naturale, nel quale niuno o ben pochi esistevano dei pregiudizi che ella ha distrutto. Come dunque può ella aver nociuto alla società? La verità, vale a dire l’assenza di questo o di quell’errore, come può nuocere? Sia nociva la cognizione di qualche verità che la natura ha nascosto, ma come sarà nocivo l’esser purificato da un errore che gli uomini per natura non avevano, e che il bambino non ha? Rispondo: l’uomo in natura non ha nemmeno società stretta. Quegli errori che non sono necessari all’uomo nello stato naturale, possono ben essergli necessari nello stato sociale; egli non gli aveva per natura; ciò non prova nulla; mille altre cose egli non aveva in natura, che gli sono necessarie per conservar lo stato sociale. Ritornare gli uomini alla condizione naturale  (4136) in alcune cose, lasciandolo nel tempo stesso nella società, può non esser buono, può esser dannosissimo, perché quella parte della condizione naturale può essere ripugnante allo stato di stretta società,