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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/149

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si e vide una camera angusta, lurida, una botteguccia da parrucchiere di sobborgo, ammobiliata con due seggiole, uno specchio, una tavoletta a cassetti, annerita dall’untume dei pettini, Un pezzo d’uomo in sudore, le spalle fumanti, vi si mutava di biancheria, mentre, accanto, in uno stambugio consimile, una donna, pronta ad andarsene, coi capelli sric ciati,e bagnati come se fosse uscita da un bagno, si metteva i guanti.

Ma Fauchery chiamava il conte, e questi giungeva al secondo piano quando un «giuraddio!» furibondo uscì dal corritoio di destra. Matilde, un piccolo cencio d’ingenua, aveva appunto rotta la sua catinella, di cui l’acqua insaponata scorreva fin sul pianerottolo.

Un camerino si richiuse violentemente. Due donne, in corsetto, attraversarono il corritoio d’un salto, un’altra, tenendosi l’orlo della camicia fra i denti, apparve e faggì. Poi s’udirono delle risa, una lite, una canzone incominciata e tosto troncata. Lungo l’andito, dalle fessure, si scorgevano dei lembi di nudità, dei candori di pelle, dei pallori di lini; due ragazze allegre assai, si mostravano placidamente i nei che avevano sulla schiena e sotto il seno; una giovanissima, quasi bambina, aveva rialzato le gonne fin al disopra delle ginocchia, per ricucirsi le mutande, mentre le cameriste, vedendo passare i due uomini, tiravano un pochino le tende per decenza.

Era la baraonda finale, la gran ripulitura del bianco e del rossetto, l’abbigliamento della casa e della strada, ripreso in mezzo ad una nube di cipria, un raddoppiamento di falvi odori di carne, spiranti dalle porte sbatacchiate.

Al terzo piano, Muffat si abbandonò all’ebbrezza che lo invadeva. Vi era colà il camerino delle coriste e delle figuranti; una ventina di donne, pigiate in mezzo ad una profusione sbandata di saponi e di boccette d’acqua di lavanda; la sala comune d’un pòostribolo di sobborgo. Nel passare, Muffat udì dietro una porta chiusa, un feroce lavacro, una tempesta in un bacino. E saliva all’altimo piano, quando gli venne il grillo di arrischiare un’altra occhiata attraverso il pertugio d’una porta lasciata aperta; Ia camera era vuota,

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