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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/162

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— Farò subito visitar la casa alla signora, disse i} giardiniere.

Ma essa l’aveva preceduto, gridandogli di non disturbarsi.

Preferiva vederla da sè. E senza togliersi il cappellino, si diè

a correre per le stanze, chiamando Zoò, lanciandole osserva zioni da un capo all’altro dei corritoi, riempiendo delle sue grida e delle sue risate il silenzio della casa vuota da lunghi mesi. Prima c’era l’atrio: un po’ umido, ma non importava, non ci si dormiva. La sala era molto elegante, con le sue finestre che davano sopra un bel tappeto d’erba folta e verdeggiante; solamente il mobilio, in rosso, era orribile; ella cambierebbe tutto ciò. In quanto alla sala da pranzo, come era bella, eh! che lauti banchetti si darebbero a Parigi sesi avesse una sala da pranzo di quell’ampiezza!

Mentre saliva al primo piano, le sovvenne di non aver veduta la cucina: ridiscese con grandi esclamazioni, e bisognò

che Zoè andasse in estasi per la bellezza dell’acquaio e l’am piezza del focolare, dove si avrebbe fatto arrostir un montone.

Quando fu risalita, l’entusiasmò sovratatto la sua eamera:

una camera che era stata addobbata da un tappezziere d’Orleans in cretonne Lois XV, color rosa pallido, con mobili di — legno inverniciato in bianco a filettature rosa. Ah! come si doveva dormire placidamente là dentro! Un vero nido da educanda! Venivano poi quattro o cinque stanze pei forestieri e magnifici solai; comodissimi per riporvi le valigie. Zoè, riluttante, gettando intorno fredde occhiate, seguiva con lentezza la padrona. Stette a guardarla mentre spariva in cima alla rapida scala dei solai. Grazie tante! non aveva voglia «di rompersi le gambe! Ma una voce le sazio lontana, come attraverso ad una canna da camino.

— Zoè! Zoè! dove sei? Vieni su! Oh! non ti puoi figurare... È una cosa magica!

Zoè salì borbottando. Trovò la signora sul tetto, poggiata al riparo in mattoni, intenta a guardarla valle che s’allargava in lontananza. L’orizzonte era sterminato: ma grigi vapori lo velavano, il vento che soffiava con furia cacciava in faccia le minute goccioline di pioggia. Nana doveva tener a due mani il cappellino, perchè non le venisse portato via,