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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/202

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lo mani nervose. Ei non le fece alcun rimprovero. Lei, tutta.

sossopra, era divisa fra la compassione e lo sprezzo. Quel povero uomo che una donnaccia tradiva così indegnamente?

Aveva voglia di gettarglisi al collo per consolarlo.

Ma dopo tutto, era giusto, era un cretino colle donne; ciò gli servirebbe di lezione. Tuttavia, la pietà la vinse. Non lo piantò, dopo mangiate le ostriche, come se l’era prefisso. Rimasero appena un quarto d’ora al Caffè Inglese, e rientrarono insieme al boulevard Haussmann.

Erano le undici; prima di mezzanotte, essa avrebbe ben trovato un mezzo benigno di congedarlo i

Per prudenza, nell’anticamera, diede un ordine a Zoè:

— Tu starai a spiarlo, e gli raccomanderai di non far rumore, se l’altro è ancora con me i

— Ma dove lo metterò, signora?

— Tienlo in cucina. È la più sicura.

Muffat, in camera, si toglieva già il soprabito. Vi ardeva un gran fuoco. Era sempre la stessa camera col suo mobiglio di palissandro, le sue tappezzerie e i suoi sedili in damasco rabescato, a gran fiori azzurri su fondo grigio. Due volte, Nana aveva sognato di rinnovarla, la prima tutto in velluto “nero, la seconda in raso bianco, con nodi color rosa; ma non appena Steiner acconsentiva, essa esigeva la somma che sarebbe costato quel cambiamento, per sciuparla. Non aveva avuto che il capriccio di una pelle di tigre davanti al camino, e di una lampada di cristallo da appendersi al palco.

— Io non ho punto sonno, non vo a letto, disse ella, quando.

furono chiusi in camera.

Il conte le obbediva colla sommessione d’un uomo che non teme più d’esser veduto. La sua unica cura era di non indisporla.

— — Come ti piace, mormorò lui.

Però, si levò ancora gli stivaletti, prima di sedersi d’accanto al fuoco.

Uno dei piaceri di Nana era di spogliarsi in faccia alla specchiera del suo armadio, nella quale la si vedeva fino ai piedi;; lasciava cader giù perfino la camicia, poi, affatto ignuda, si abbandonava come in un obblio, guardandosi a lungo. Era

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