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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/278

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dell’angusto cortile che spariva nell’ombra. Un canerino, nella sua gabbia appesa ad una persiana, lanciava degli acuti gorgheggi. Non s’udivano, nè le carrozzé del boulevard, nè quelle della vicina contrada; una pace di provincia regnava in quel largo spazio ove il sole dermiva i

Nell alzar gli occhi, Nana scorgeva prima i piccoli fabbricati ed i cristalli lucenti delle gallerie e del passaggio, poi, al di là, gli alti casoni di via Vivienne, di cui i muri posteriori si rizzavano muti come se appartenessero a case deserte. Si scorgevano delle terrazze le une sulle altre, poi su di un tetto, un fotografo aveva piantato una specie di gabbione in vetri azzurri. Era una cosa assai gaia. Nana rimaneva astratta, quando le parve udir a bussare: allora si volse gridando:

— Avanti.

Nel vedere il conte, rinchiuse la finestra. Non faceva sila e quella curiosa della Bron non occorreva che sentisse. Entrambi si guardarono seriamente. Poi, siccome egli rimaneva lì, duro, senza voce, come strozzato, essa si diede a ridere 8 disce.:

— E così!! Eccoti dunque, bestione!

La commozione di Muffat era così forte, che egli RR

agghiacciato, La chiamò signora, si stimava felice di rivederla. Essa allora, per venirne prontamente ad una, si mostrò ancor più famigliare. — Andiamo: non farmi della dignità. Giacchè hai desiderato vedermi, non sarà per starci a guardare immobili come due cani in terra cotta, eh?... Abbiamo avuto dei torti Anthi e due... oh! io ti perdono.

E fu convenuto che non si parlerebbe più di dba il pas sato era il passato. Lui, approvava con la testa: si calmava ma non trovava ancor parole, nel fiptto tumultuoso che gli saliva alle labbra. Sorpresa da quella freddezza, essa SEO il tutto per tutto.

— Andiamo, vedo che sei ragionevole, riprese con lioro i

sorriso. Ora che abhiamo fatto la, pace, dammi una stretta di

mano e restiamo buoni amici.

— Come, buoni amici? mormorò lui, facendosi improvvisa o mente inquieto.