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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/279

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«— Sî: la è forse una scempiaggine, ma io ci teneva alla tua stima... Eceo! Ora che ci siamo spiegati, se non altro quando ci incontreremo non avremo l’aria di due babbei!

Figli fe’ an gesto per interromperla.

— Lasciami finire... Nessun uomo, vedi, ha la menoma villania da rimproverarmi. Ebbene! mi seccava che tu fossi il primo... Ognuno ha il suo onore, caro mio.

— Ma non l’intendo così! proruppe egli con violenza. Siedi, ascoltami.

E come se avesse temuto di vederla a volar via la spinse sull’ unica seggiola che c’era. Lui, sempre agitato, camminava di su e di giù.

- Nel camerino, chiuso e pieno di sole, c’era un dolce tepore, una pace che niun rumore esterno turbava.

Nei momenti di silenzio non s’udiva altro che î gorgheggi striduli del canerino, simili a dei trîlli d’un flauto lontano.

— Ascolta, diss’ egli piantandosi davanti a lei, son qua per riprenderti.. sì, ti voglio. Lo sai bene; perchè parli a quel modo? Rispondimi. Acconsenti, non è vero?

Essa aveva chinate il capo, grattava con ie unghie la paglia che rosseggiava sotto di lei. Vedendolo ansioso, lei non s’affrettava punto.

Finalmente alzò il volto, fatte grave, ed i begli oechi, a cui era riuscita a dar un’ espressione di tristezza.

— Ok! impossibile, caro. Mai più mi ricucirò teco.

— Perchè? balbettò lui, mentre una contrazione d’ indicibile spasimo, passava sul suo volto.

— Perchè?... Caspita! perchè di sì! È impossibile, ecco tutto. Non voglio.

Egli la guardò appassionatamente per alcuni secondi, Poi,

ton le gambe vacillanti, si lasciò cadere sul pavintente.

Lei con fare annoiato, si contentò di dire: — Ah, non far il ragazzo! Ma egli lo faceva già. Caduto à’suoi piedi, fo aveva cinto la vita e se la stringeva forte, il viso fra le sue ginocchia ch’egli tuffava nelle carni, Quando se la sentì così vicina,

quando sotto la stoffa sottile delle veste, ritrovò il velluto