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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/307

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da ospedale, del tabacco per la zia, dei biscotti e delle melararicie pel bimbo: oppure vi si recava nel suo landò al ritorno del Bosco, con delle vesti sfarzose che facevano radunar la gente nella solitaria viuzza.

La Lerat, tronfia d’orgoglio, vantava le grandezze della nipote. Andava di rado al palazzo, dicendo con ostentazione che non era luogo per lei, ma insuperbiva quando Nana veniva a trovarla, indossando vestiti del valore di quattro 0 cinquemila lire e per tutto il dì seguente era occupata a mostrar i suoi regali alle vicine ed a citar somme che le facevano stupire..

Per solito, Nana, dedicava la domenica alla famiglia e se Mauffat od altri l’ invitava in quel giorno, rifiutava recisamente con un sorrisQ di onesta femminuccia, dicendo: Impossibile, desino dalla zia, vo’a trovar Bebè. Quel povero Gigi no era sempre malato. Aveva quasi tre anni, era un

ometto, ma aveva avuto un malanno alla nuca ed ora gli si formavano depositi nelle orecchie, depositi che facevano temere che gli si cariassero le ossa del cranio.

Nel vederlo così pallido, il sangue guasto, le carni flacide gialliccie, Nana si faceva seria e rimaneva veramente sorpresa. Che cosa poteva mai avere quell’amorino per essere

così malconcio? Lei, sua madre, stava così bene!

. I giorni in’cui non era occupata del bambino, Nana ricadeva nella romorosa monotonia della sua vita; passeggiate al Bosco, serate al teatro, alle prime rappresentazioni, pranzi e cene alla Maison d’ Or ed al Caffè Anglais, gite in tutti i luoghi pubblici, agli spettacoli dove ia folla faceva ressa. Mabille, le rassegne, le corse. Eppure sempre sentiva l’uggia del suo stupido ozio, un’ uggia che le dava spesso dei crampi allo stomaco.

Nonostante i suoi tanti capricci amorosi, appena era sola, si stiracchiava, sbadigliava, vinta da noia infinita, e da stanchezza. La solitudine la rattristava subito, poichè ella vi si trovava col vuoto e l’ uggia di sè stessa. Allegrissima per natura e mestiere, diventava allora lugubre, riassumendo la sua vita con questo grido eternamente ripetuto, fra due shadigli: