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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/337

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spiegazione: del resto, Labordette, preoccupato, le annunziò che Vandeuvres verrebbe egli stesso a salutarla se poteva trovar un momento.

La corsa finiva senza destar grand’interesse, poichè tutta l’aspettativa si concentrava sul gran premio, quando uno scataroscio cadde sull’ Ippodromo.

Da un momento il sole era sparito, uno scialbo - barlume oscurava la folla.

Il vento sorse, fu un improvviso diluvio, una pioggia a catinelle, con goccioloni enormi.

Nacque immensa confasione: suonarono grida, scherzi e bestemmie, in mezzo alla fuga dei pedoni che correvano a rifugiarsi sotto le tende delle bische.

Le donne in carrozza procuravano di coprirsi come meglio. potevano, tenendo gli ombrellinini a due mani, mentre i servi frettolosi e confusi correvano a coprir i calessi.

Ma già lo scataroscio cessava, il sole splendeva sul minuto pulviscolo di pioggia che volava ancora nell’aria. Uno strappo azzurro si apriva nelle nubi, che il vento portava via ed il cielo sembrava in festa, mentre sorgevano le risa delle donne rassicurate e il velo diffuso su quella prateria, ove i cavalli sbuffavano, e la turba agitata e sbandata scuoteva gli umidi vestiti, faceva scintillare quella baraonda, tutta scintillante di goccie di cristallo.

— Ah! quel povero Gigino! disse Nana. Sei molto bagnato, carino?

Il bimbo, senza parlare, si lasciò asciugar le mani.

Nana aveva preso il fazzoletto; lo stropicciò poi Bijou, che tremava più forte del solito e disse che non era nulla, qualche macchia sul raso bianco del suo vestito, ma se ne infischiava.

I mazzi di fiori rinfrescati, splendevano come neve; essa ne afferrò uno e ne aspirò la fraganza, felice, bagnandosi le labbra come se fosse stata rugiada.

Quell’acquazzone aveva riempito le tribune. Nana guardò col cannocchiale..

A quella distanza, non si vedeva che la massa fitta e confasa degli spettatori affollati sui grandini, un fondo buio; le faccie bianche lumeggiavano di macchie pallide.