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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/385

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— Oh, Estella! mormorò la Chantereau stringendosi nelle spalle, credo che quella cara ragazza sia incapace di manifestar una volontà. È così nulla!

Quell’opinione chiamò un sorrisu sulle labbra del signor Venot. Però, non si spiegò sul conto della giovine sposa; gli pareva forse d’aver ciarlato troppo. Chiuse pian piano le palpebre come per cessar dal prender parte alla conversazione a rostò sepolto dietro le gonne, nel suo cantucoio.

La Hugon, la quale nella sua astrazione malinconica, aveva afferrato qualche parola del dialogo, intervenne, concludendo con sorriso bonario, volta al marchese di Chouard, che era venuto a salutarla:

— Quelle signore sono troppo severe. La vita è così dura per tutti, che bisogna perdonar molto agli altri, quando si vuole esser degni di perdono. Non vi pare, amico mio?

Il marchese restò impacciato per un momento, temendo un’ allusione. Ma l’ottima donna sorrideva con tanta mestizia ch’egli si rinfrancò tosto, dicendo:.

— Certe colpe non si debbono perdonare. Gli è la soverchia indulgenza che conduce all’abisso.

Ma la Hugon lo interruppe con un gesto:

— Scerdavo che voi, amico, siete un savio... Affè, evochiamo delle gran brutte idee al ballo. -IJo vorrei che tutti fossero allegri. Guardate come son belle, la gioventù e la letizia!

Invero il ballo si yeniva animando sempre più. Una nuova quadriglia faceva lievemente ondeggiar l’impiantito del salotto, come se la vecchia dimora avesse ceduto sotto il pondo della festa.

Di quando in quando, nel confuso pallore dei volti spiccava un viso di donna, rapito nei giri della danza, un viso dagli occhi splendenti, dalle labbra semi-aperte, illuminato dall’ardente riverbero della lumiera.

La Joncquoy diceva che non c’era buon senso ad ammucchiare cinquecento persone in un appartamento «he ne poteva capire dugento.

— Perchè non sottoscrivere il contratto sulla piazza del Carrosello?

— Ecco un frutto dei nuovi costumi, rispondeva la Chan-