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Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/392

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I’intenso calore gonfiava le cortine delle finestre; si udiva una voce da bambino nel viale. I duesi diedero a celiare, poi Daghuenet se ne andò in fretta, perchè il tempo fuggiva ed egli doveva partir con la © mogglie, appena finito il Zunck.

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Verso la fine di settembre, il conte Muffat, che doveva pranzare da Nana quella Sera, ricevette invece improvvisamente un ordine di servizio alle Tuileries.

I lumi non erano ancora accesi, la servitù faceva chiasso in credenza; egli salì pian piano le scale, dove le invetriate splendevano di caldo riverbero. In alto la porta della sala non fe’ rumore.

La rosea luce del tramonto moriva sulla vòlta; gli addobbi rossi, i larghi divani, i mobili smaltati, quel guazzabuglio di stoffe trapunte, di antichi bronzi e di vecchie maioliche, dormiva già nella lenta pioggia di tenebre che sommergeva gli angoli, senza un luccichìo d’avorio, senza un riflesso dorato. i

In quell’ombra, sulla macchia candida d’una gonnella spiegata, il conte scorse Nana tra le braccia di Giorgio.

Ogni diniego era impossibile, Egli diè un lieve grido e rimase immoto.

Nana, balzando in piedi con un salto, lo s per dar agio al giovinetto di battersela.

— Entra! mormorò perdendo la testa; ti spiegherò...

Era furente. Non le accadeva mai di ceder così, in casa

propria, nel salotto, a porte aperte. Per risolverla c’era vo luto tutt’una storia, una lite di Giorgio che, geloso del fra pinse in camera,

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