Vai al contenuto

Pagina:Zola - Nana - Pavia - 1881.pdf/395

Da Wikisource.

scordate, vendute da Zoè; gioielli che non piacevano più e sparivano, fatti, per così dire in brieciole, disseminati in fondo ai cassetti, delle compere sciocche; delle novità smarrite nei cantucci e spazzate nelle immondizie.

Nana non poteva veder nessuna cosa di gran prezzo, senza averne voglia; e così intorno a lei era un vero rovinfo di fiori, di preziosi gingilli, tanto più felice quanto il suo capriccio d’un’ora costava di più.

Non poteva conservar nulla, rompeva tutto; ogni cosa si insudiciava, avvizziva tra le sue bianche manine; un solco di cocci indefinibili, di cenci attorcigliati, di brandelli fangori, segnava il suo passaggio; poi, mentre essa sciupava così il suo spillatico, arrivavano i grossi conti: ventimila lire dalla crestaia, trentamila dalla cucitrice di bianco, dodicimila dal calzolaio; i cavalli costavano cinquantamila lire, contoventimila lire doveva al sartore.

Senz’aver aumentato il suo treno di casa, valutato da Labordette a quattrocentomila lire in media, la spesa raggiunto in quell’anno il milione; cifra che sbalordiva perfino Nana, la quale non riusciva a spiegare come fosse sparita una simile somma.

Gli uomini, ammucchiati gli uni sugli altri, l’oro vuotatò a carrette, non riuscivano a colmare l’abisso che tornava a spalancarsi nello sfolgorio del palazzo.

Nana, intanto, accarezzava un ultimo capriccio.

Sempre preoccupata dall’idea di rimettére a nuovo la sua camera, le pareva finalmente di aver ideato una cosa bella: una camera di velluto eolor rosa fea, fatta a IRE di tenda, ornata da cordoni e trine d’oro.

Le sembrava che quell’addobbo dovesse esser ricco e delicato, e formar un fondo MIRDERSO alla sua rosea pelle a bionda falva.

Ma la camera non doveva esser altro che una cornice sta pel letto, un prodigio, uno splendore.

Nana sognava un letto straordinario, come al mondo non esisteva, un trono, un altare, ove Parigi verrebbe ad adorare la sua divina nudità; doveva esser tutto in argento ed oro lavorato, simile ad immenso gioiello, con’ rose d’oro buttate