Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1181

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[p. 465 modifica] ec. Queste tali desinenze italiane pare che indichino de’ neutri latini corrispondenti, e quel fusa dell’italiano pare che indichi un neutro latino fusum, o almeno il suo plurale fusa; come da brachia facciamo le braccia, da cornua le corna, da genicula, diminutivo di genua (Forcellini, le ginocchia(il glossario ha anche genuculum o genuclum e ginochium); da poma le poma, da ossa le ossa, da fila le fila, da membra le membra, da fundamenta le fondamenta, da castella le castella, da labia le labbia, da labra le labbra, da gesta le gesta, da ligna, vestigia le legna, le vestigia, da ova le uova, da terga le terga, da flagella le flagella, le cervella, ec. le vestimenta, le ornamenta (vedi la Crusca in Vestimento) ec., le corna, le ciglia ec., da vasa le vasa (Crusca e Tansillo, Podere, capit. III, terz. 2), ec. Notate che quando gesto significa gestus us, non diciamo le gesta ma i gesti. E allora solo diciamo le gesta, quando gesto si piglia in senso neutro, e vuol dire cosa fatta, come in Cornelio Nepote Obscuriora sunt eius gesta pleraque (vedi il glossario in Gesta). Cosí diciamo interiori aggettivamente, ma le interiora (ed anche però gl’interiori) assolutamente per entragni, cioè in senso neutro, come Vegezio, Torsiones vocant, et interiorum [p. 466 modifica]incisiones. Vedi p. 2340, fine. Ma né fusumfusa non si trovano ne’ vocabolari latini, ma solamente fusus che fa nel plurale fusi. Or ecco ne’ frammenti di Simmaco scoperti dal Mai (Q. Aurelii Simmachi V. C. Octo Orationum ineditarum partes, Orat. III, scil. Laudes in Gratianum Augustum, cap. IX, Mediol. 1815, p. 35): Et vere si fas est praesagio futura conicere, iamdudum aureum saeculum currunt fusa Parcarum. Cosí ha il codice Ambrosiano antichissimo, cioè di verso la metà del sesto secolo almeno, vale a dire un secolo al piú dopo la morte dell’autore. E che non sia sbaglio di scrittura si conosce anche dal vedere che scrivendo fusi guasterebbesi quel ritmo di cui Simmaco era tanto vago e sollecito e cosí perpetuo seguace, come può sapere ognuno che l’abbia