Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1242

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[p. 27 modifica] in questo proposito p. 1116-17. Io non dubito (e l’esempio portato lo conferma) che [p. 28 modifica]nella immensità e varietà della facoltà certa, stabile e definita ch’ella ha dei derivati e nell’uso che ne sa fare e ne ha fatto, la lingua nostra non vinca la latina e la stessa greca. Alla quale però si rassomiglia assai anche per questa moltiplicità di forme nelle derivazioni che hanno un medesimo o simile significato, a differenza della latina, non già povera, ma piú regolata e con piú certezza circoscritta in ciò, come nel resto. Vedi la p. 1134, fine (29 giugno 1821). Queste sono le vere cagioni e fonti per cui, se non le chiuderemo, la nostra lingua resterà sempre superiore in ricchezza alle moderne, malgrado i nuovi vocaboli ec. particolari, ch’elle vanno tuttogiorno acquistando. Vedi p. 1292, capoverso 1.


*    Alla p. 302, principio. In prova di quello che ho detto della utilità che risulta ai governi dai partiti loro contrari, osservate, cosa già nota, che non è luogo dove la religion cattolica, anzi la cristiana (e cosí qualunque altra), sia piú rilasciata nell’esterno ancora, e massime nell’interno, come in quel paese dov’ella è non solo dominante, ma unica, cioè in Italia, che di piú è la sua sede (la Spagna, come finora non civile e fuori del mondo cólto, non fa eccezione). E proporzionatamente, scendendo sí per le stesse provincie d’Italia piú vicine o piú commercianti ec. con religioni diverse, sí per le diverse nazioni, come la Francia ec. sino alla Germania e all’Inghilterra ec., si trova che, dove la religion cattolica o le altre cristiane sono piú avvilite, piú vicine e frammiste a religioni diverse e contrarie, sette ec., quivi appunto il loro culto esterno ed interno è piú che mai vivo, sodo, vero, efficace e fermo (29 giugno 1821).