<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2416&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150904162107</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2416&oldid=-20150904162107
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2416 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 227modifica] ne proviamo noi, se non, per dir poco, incertissimo, confusissimo e superficialissimo? Certo è che l’armonia della lingua nostra, qualunque ella sia ed ancorché asprissima, ci diletta ed è sentita da noi molto piú che quella della lingua greca, e quindi non avremmo alcuna ragione di preferir questa lingua per la bellezza, neppure alla tedesca o alla russa. Forse la bellezza consisterà nella ricchezza? Ricchezza di frasi e di modi non si dà se non in una lingua ardita, perchè di forme esatte e matematiche tutte le lingue ne sono o ne possono essere egualmente ricche né piú né meno: e questa ricchezza non può molto stendersi, essendo limitatissima per natura sua: giacché la dialettica poco può variare, anzi derivando da principii uniformi e semplicissimi, tende e produce naturalmente somma uniformità e semplicità di dicitura. La ricchezza poi di parole puramente giova alla bellezza, [p. 228modifica]ma non basta di gran lunga; ed anch’essa è una qualità quasi estrinseca e senza quasi accidentale alla lingua, la quale senza punto punto alterarsi o scomporsi in niun