<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2623&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205214541</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2623&oldid=-20151205214541
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2623 Giacomo LeopardiXIX secoloZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 341modifica] e letta da per tutto (e cosí deve intendersi il luogo di Cicerone, pro Archia), e come noi o gli svedesi o i russi o gli olandesi scrivono il francese: noi (piú di rado) per cagione della sua universalità; quegli altri, come anche i polacchi, e al tempo di Federico i prussiani, per non aver lingua che sia o fosse ancora abbastanza capace ec. Né si dee credere che le lingue patrie di quelle nazioni fossero spente, neanche diradate dall’uso, e sostituita loro la greca nella conversazione quotidiana, come accadde della latina, nelle nazioni latinizzate. Restano anche oggi le lingue asiatiche antiche o dialetti derivati da quelle, o composti di quelle e d’altre forestiere, come dell’arabica ec. E vedi ciò che s’é detto altrove di Giuseppe Ebreo, e PorfirioVita Plotini c.17, nel Fabricius, Bibliotheca Graeca t. IV, p. 119-120 (e quivi la nota) κατὰ μὲν πάτρων διάλεκτον. Di questi δίγλωττοι, che scrivevano in lingua non loro e pure scrivevano anche egregiamente, fu Luciano da Samosata (vedi le sue Opere, dove fa cenno della sua lingua patria), e tali altri di que’ tempi; anzi tutti gli asiatici