Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/2800

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*   È massima molto comune tra’ filosofi, e lo fu specialmente tra’ filosofi antichi, che il sapiente non si debba curare, né considerar come beni o mali, né riporre la sua beatitudine nella presenza o nell’assenza delle cose che dipendono dalla fortuna, quali ch’elle si sieno, o da veruna forza di fuori, ma solo in quelle che dipendono interamente e sempre dipenderanno da lui solo. Onde conchiudono che il sapiente, il quale suppongono dover essere in questa tale disposizion d’animo, non è per veruna parte suddito della fortuna. Ma questa medesima disposizione d’animo, supponendo ancora ch’ella sia piú radicata, piú abituale, piú continua, piú intera, piú perfetta, piú reale ch’ella non è mai stata effettivamente in alcun filosofo, questa medesima disposizione, dico, già pienamente acquistata, ed anche, per lungo abito, posseduta, non è ella sempre suddita della fortuna? Non si sono mai veduti de’ vecchi ritornar fanciulli di mente, per infermità o per altre cagioni, l’effetto delle quali non fu in balia di coloro l’impedire o l’evitare? La memoria, l’intelletto, tutte le facoltà dell’animo nostro non sono in mano della fortuna, come ogni altra cosa che ci appartenga? Non è in sua mano l’alterarle, l’indebolirle, lo stravolgerle, l’estinguerle? La nostra medesima ragione non è tutta quanta in balía [p. 2 modifica]della fortuna? Può nessuno assicurarsi o vantarsi di non aver mai a perder l’uso della ragione, o per sempre o temporaneamente; o per disorganizzazione del cervello, o per accesso di sangue o di umori al capo, o per gagliardia di febbre, o per ispossamento straordinario di corpo che induca il delirio o passeggero o perpetuo? Non sono infiniti gli accidenti esteriori imprevedibili o inevitabili che influiscono sulle facoltà dell’animo nostro siccome su quelle del corpo? E di questi, altri che accadono ed operano in un punto o in poco tempo, come una percossa al capo, un terrore improvviso, una malattia acuta; altri a poco a poco e lentamente, come la vecchiezza, l’indebolimento del corpo, e tutte le malattie lunghe e preparate o incominciate già da gran tempo dalla natura ec. Perduta o indebolita la memoria non è indebolita o perduta la scienza, e quindi l’uso e l’utilità di essa, e quindi quella disposizion d’animo che n’é il frutto, e di cui ragionavamo? Ora qual facoltà dell’animo umano è piú labile,