Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3069

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[p. 167 modifica] termina la sua universalità (non cosí, terminata l’influenza della nazion francese è terminata né terminerà l’universalità della sua lingua, né cosí della greca ec.), e si dimenticano e disusano ben presto quelle parole e modi che lo studio e l’imitazione della sua letteratura aveva forse introdotto nelle letterature straniere, ma non piú oltre che nelle letterature. Quando in Francia, a tempo di Caterina de’ Medici, la nostra lingua si divulgò per altro che per la letteratura, allora l’italianismo nel francese non appartenne alla letteratura sola, e in questa medesima eziandio fu maggiore assai che negli altri tempi o circostanze, onde, non so qual degli Stefani scrisse quel dialogo satirico del quale ho detto altrove piú volte.

Il Menagio, Regnier Desmarais, il Milton ec. che scrissero e poetarono in lingua italiana, sono esempi non rinnovatisi, cred’io, rispetto ad alcun’altra lingua moderna, se non dipoi rispetto alla francese, e certo non dati né imitati mai dagl’italiani, se non appresso