Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3285

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[p. 294 modifica] semplicemente la forma estrinseca e gli elementi del vocabolo. Onde i verbi in ω li trasmutavano in verbi in μι; dei temi ad altri aggiungevano le lettere αν, e li facevano terminare in ανω, ad altri αιν, e li terminavano in αινω, ad altri σκ1 e li finivano in σκω (ma questi non erano sempre alterati dal tema, ma da un altro tempo del verbo: vedi i grammatici), ad altri duplicavano la prima consonante, interponendo una vocale, come l’iota (πιπράσκω) ec. Spesso si mutava la desinenza, volgendola in ίζω ec. senza mutazione di significato: νεμεσάω-νεμεσίζω, βάπτω-βαπτίζω ec. ec. E di questi verbi e temi cosí alterati materialmente senz’alcun’alterazione di significato, altri restarono soli, venendo a mancare il tema o verbo primitivo e incorrotto, altri restarono insieme con questo, altri insieme con altri verbi fatti per tali alterazioni dal medesimo tema ec. ec. Ed altri interi, altri difettivi, suppliti dal verbo primitivo in molte voci, anomali, regolari ec. ec. del che vedi i grammatici. E queste alterazioni de’ verbi primitivi e de’ temi (e cosí dell’altre radici), alterazioni affatto diverse, distinte e indipendenti dalla derivazione e dalla composizione, che anche nelle altre lingue hanno luogo; alterazioni che per niun conto influivano né modificavano il significato (come influisce e modifica, o suole per lo più, e regolarmente fare, la composizione e la derivazione), non furono

Note

  1. Da ὄφω o da ὀφείλω ὀφλισκάνω, doppia alterazione.