Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3925

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[p. 299 modifica] allo spirito (che in quel tempo è obruto dalla materia, e le sensazioni spirituali dalle materiali, e le azioni stesse dello spirito, benché piú forti ec., hanno allora piú del materiale che all’ordinario), e quindi la vita essendo allora piú materiale, e quindi propriamente men vita (come in tempo di sonno o letargo, benché questo sia inerte, e l’ebbrietà piú svegliata ancora e piú attiva talvolta che lo stato sobrio), è meno infelice.

Del resto, egli è ben vero, come ho detto, che la forza del corpo rende il vivente piú materiale, e gl’impedisce o indebolisce l’azione e la passione interna, e quindi scema, propriamente parlando, la vita. Ond’é che, generalmente parlando, quanto nel vivente è maggiore la forza e l’operazione e passione e sensazione del corpo particolarmente detto (sia per natura, o per abito, o per atto), tanto è minore la vita, l’azione e la passione dello spirito, cioè la vita propriamente detta. Ma questo si deve intendere, posta una parità di circostanze nel rimanente. Voglio dire, se il leone ha piú forza di corpo che il polipo, non per questo egli è men vivo del polipo. Perocché egli è nel tempo stesso assai piú organizzato del polipo, e quindi ha molto piú vita. Onde tanto sarebbe falso il conchiudere [p. 300 modifica]conchiuderedalla sua maggior forza corporale che egli abbia piú vita, e quindi sia piú infelice del polipo, quanto il conchiuderne che egli sia piú infelice dell’uomo, come si dovrebbe conchiudere se la vita si avesse a misurare dalla forza comunque, o dalla forza estrinseca (nel che il leone passa l’uomo d’assai) e non dalla organizzazione