Pensieri e discorsi/L'èra nuova/XI

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XI.


E saremo anche più mesti. Sia pure. Ma non vedete che appunto nella mestizia l’uomo differisce dalle bestie? e che progredire nella mestizia è progredire nell’umanità? E poi, che gioia è veramente in quell’alcoolismo morale, con cui l’uomo cerca di nascondersi il proprio destino? E poi che gioia è negli ululi dello sfrenato carnovale, con cui l’uomo protesta contro la sua evoluzione? Uomo, abbraccia il tuo destino! Uomo, rassegnati ad essere uomo! Pensa nel tuo solco: non delirare. L’amore, pensa, è ciò che non solo di più dolce, ma di più sacro e di più tremendo tu possa fare; perchè è [p. 126 modifica]aggiungere nuovi sarmenti al grande rogo che divampa nell’oscurità della nostra notte.

Pensiamo dunque, sempre, in tutto, e siamo pur mesti. Ma saremo tutti più mesti. E riconosceremo, a questo segno, a quest’aria di famiglia, a questa traccia di dolore immedicabile, i nostri fratelli per nostri fratelli. E non saremo pazzi di perseguire una gioia, che ridondi a dolore del nostro simile, e che non diminuisca d’una linea il dolor nostro. E i mali che ora ci appariscono come fatali, la lotta delle classi e la guerra dei popoli, saranno tolti.

E sarà dunque una religione, la religione anzi, che scioglierà il nodo che sembra ora insolubile. La religione: non questa o quella in cui il terrore dell’infinito sia o consolato o temperato o annullato, ma la religione prima e ultima, cioè il riconoscimento e la venerazione del nostro destino.