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Pensieri e discorsi/Un poeta di lingua morta/II

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Un poeta di lingua morta - I Un poeta di lingua morta - III
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II.


E avrei voluto vederlo. Solo vedendolo e parlando con lui mi pareva che avrei avuto intera la visione che mi incantava.

Io sentiva la poesia: volevo vedere il poeta: approdare alla terra d’Ibyco con una nave che più assomigliasse alla triere; approdarvi un bel mattino, e recarmi peritoso, ospite tirreno, al poeta greco rifinito dagli anni e colmo di gloria.

E quando il vecchio poeta m’avesse incoraggiato, gli avrei detto:

— Poeta, perchè scrivete in un linguaggio che più non suona su labbra di viventi? Perchè volete che solo i poeti v’intendano? Se cercate la lode dei più, perchè vi rivolgete ai meno? Se mirate all’utilità di tutti, inducendo, come voi dite, nei petti umani mansueto costume, valor, senno, pietà, oneste voglie, perchè solo alcuni privilegiate de’ vostri ammonimenti armoniosi? E perchè cotesta solitudine? cotesta segregazione che sembra rimproverare altrui? Ibyco, il vostro concittadino antico, andava citareggiando d’isola in isola, [p. 164 modifica]di terra in terra: voi chiudete le porte, perchè lo squillo della vostra cetra non giunga all’orecchio del passante. Poeta, aprite la casa delle Muse. Fateci intendere a tutti, i dolci vostri inni: cantateli nella lingua nostra e presente, sì che tutti possiamo intenderli. Ne abbiamo tanto bisogno! Perchè la nostra anima si deforma per le strette della realtà, e ha bisogno della bellezza, e s’intristisce allo spettacolo della miseria immeritata e della felicità indegna, e ha bisogno della giustizia, e macera d’invidia e si stempera di pietà, e ha bisogno della purificazione. E tu puoi rivelare la bellezza e puoi persuadere la giustizia; puoi compiere la nostra catarsi, o poeta; puoi questo, cioè tutto, e non vuoi? Poeta, fa un passo, solo un passo per scendere sino a noi, e noi, inteneriti, rapiti, saliremo d’uno slancio gl’infiniti gradini che tengono lontana la nostra minimezza dalla tua sublimità. —

Così gli avrei detto: così non gli dissi; chè egli intanto, il vecchio poeta, moriva, ridestando d’un tratto con la notizia della sua morte la sua fama quasi assopita, come il vento col suo alito incendio che covi. E io non intenderò risposta alle mie parole, perchè, come diceva il suo Ibyco, non si può trovar più per i morti l’erba della vita!

Eppure oso, per non so quale comunione che ha la mia mente piccola con la sua grande, oso imaginarla, la sua risposta.