Pensieri e discorsi/Una festa italica/X - L'Italia esule

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X.


L’Italia esule


Perchè in esilio. Sulle rive degli Oceani, per le immense estensioni che ora sono steppe o deserti o selve vergini, già sono, e più saranno, paesi dove suona il . Divengano essi, fari, oasi, asili, centri di civiltà e umanità. Da quelli vengano i migliori prodotti del suolo, i più bei saggi dell’arte, i più ingegnosi trovati della scienza, i più acuti pensamenti, i sentimenti più caldi, i più nobili esempi. Sorgano e si mantengano e prosperino, a onore del genere umano, le colonie di Dante.

E Virgilio, come è giusto, il poeta dell’esilio e il maestro di Dante, le guidi: egli sa il cammino, egli sa vincere la prova. Egli guidi gli emigranti nelle nuove terre latine, o almeno tra i popoli che dalla latinità hanno tratto le più nobili parole e le più vive ispirazioni.

[p. 343 modifica] Egli ha con sè una lampada inconsumabile, che disperde ogni oscurità. Egli parla, ed è inteso, a più genti. Parla anche, ripeto, lombardo...

Se parla lombardo! E come! Uditelo, a Milano. Al mondo, da Milano, Virgilio, cioè la latinità, perseverante vincitrice eterna, parla lombardo, con lo strepito delle macchine, col fischio dei treni, col muglio delle sirene, con la melodiosa e luminosa eloquenza d’ogni bell’arte, col soltanto visibile fragore perenne dei fiumi italici che Virgilio ammirava:

fluminaque antiquos subterlabentia muros:

i fiumi che già erano l’anima e sono ora la energia, la ricchezza, la gloria d’Italia.

In alto i cuori!

L’Italia ricomincia.