Per lo spiritismo/VIII

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VIII. L'opinione contraria della maggioranza non conta quasi nulla

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VIII. L'opinione contraria della maggioranza non conta quasi nulla
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Ma allora perchè nessuno crede a queste cose? ciò non prova forse che sono contrarie al senso comune?

Rispondo in primo luogo che non è vero che nessuno ci crede. Gli spiritisti ci credono; la Chiesa ci crede, sebbene le interpreti diversamente dagli spiritisti; il popolino ci crede; le donne ci credono. Si dirà: ci credono gli ignoranti. Vi dirò invece che ci credono molte persone colte; ma non lo dicono per non essere giudicate superstiziose e visionarie, cose che non solo le esporrebbe al ridicolo, ma danneggerebbe la loro professione; sono giornalisti che non vogliono perdere gli abbonati, avvocati che non vogliono perdere i clienti, professori che temono per la loro carriera; e, parrà strano, vi sono fra essi molti medici, ai quali il continuo spettacolo dei cadaveri non ha tolto la credenza negli spiriti. Il dottor Dufay raccontava nella Revue philosophique del Ribot due [p. 75 modifica]casi di chiaroveggenza di cui era stato spettatore, e confessando di averli taciuti per molti anni, onde non compromettersi presso i clienti; e di essersi deciso a raccontarli ora che si ammettono i fenomeni dell’ipnotismo1. Il Lodge dice di sapere che molti non osano occuparsi dei fenomeni medianici, ed aspettano per ciò di avere una posizione scura. Molti altri, senza credere, tacciono soltanto perchè dubitano; sono persone cui farebbe piacere esser convinti, ma che, per paura d’esser burlate, lasciano andar avanti gli altri. E, appunto perchè tutti questi credenti ed esitanti non parlano, si credono più pochi di quelli che sono. Un giorno verranno fuori tutti ad un tratto e si stupiranno di esser tanti. Se l’articolo del Lombroso ha destato tanto interesse, non è perchè i più s’interessino alla sua spiegazione psichiatrica dei fatti medianici, ma perchè è significante il vedere che, malgrado i suoi preconcetti materialisti, è stato intanto costretto dall’evidenza, e dalla sua lealtà, a riconoscere la realtà dei fatti.

Rispondo poi, come hanno già risposto il Richet e tanti altri, che se anche questi fenomeni fossero contrarj al senso comune, potrebbero non esser contrarj al buon [p. 76 modifica]senso; che il buon senso di questo secolo non sarà senso comune che nel secolo venturo. Ho udito una volta a criticar i discorsi di Mirabeau, dicendo che non c’è originalità, che declama per dir cose che corrono le vie; ma se ora corrono le vie, si deve a lui ed agli uomini come lui; al suo tempo erano bestemmie e conducevano alla Bastiglia.

Se poi pretendeste che l’opinione professata dalla maggioranza conti per qualche cosa appunto perchè è quella della maggioranza, io domanderò il permesso di contare per qualche cosa anche l’opinione della minoranza, tanto più che, come ho detto, questa minoranza non è piccola quanto si crede. Che se poi pretendeste che questa non contasse per nulla, perchè derivante soltanto, a vostro avviso, dall’ignoranza, dalla superstizione e dall’amore del meraviglioso, risponderò che quella della maggioranza non vale molto di più. Perchè deriva in primo luogo dall’incapacità della maggior parte degli uomini ad ammettere ciò che non possono vedere e toccare, e sopratutto a concepire ciò che non possono immaginare. In secondo luogo deriva dalla reazione contro l’enorme e scandaloso abuso di fede che ha fatto la Chiesa obbligandoci a credere, senza prove, a un centone di dogmi uno più assurdo dell’altro, cominciando colla crocifissione di Dio e finendo coll’infallibilità del papa, centone che a tanti sembra ancora l’edificio il più ammirabile per logica solidità ed armonia; e sopratutto opponendosi, in nome di questi dogmi, (così indiscutibili che non si possono [p. 77 modifica]toccare nemmeno per difenderli, nè pensarci su senza farsi condannare dall’Indice quaranta proposizioni, come è toccato al Rosmini), - opponendosi, dico, in nome di questi dogmi, ad ogni passo innanzi che la ragione ha voluto far fare alla scienza ed alla libertà, che sono le due divinità del nostro secolo. La reazione contro questa bastiglia della ragione umana ci ha indotti tutti ad accettar il criterio della verità secondo Cartesio e a far voto di non creder più che a ciò che fosse evidente come la nostra esistenza. Il che, unito alla volgare incapacità di argomentare dal visibile all’invisibile, ci ha dato l’abitudine dell’incredulità assoluta verso tutti i fatti che possono sembrare segni dell’esistenza di un altro mondo; anzi ha prodotto l’abitudine di una credulità contraria, perchè la nostra gioventù studiosa crede di non poter essere scienziata e liberale senza essere materialista; e crede che Giordano Bruno fosse materialista. Ora la resistenza della maggioranza contro i fenomeni spiritici deriva da quest’abitudine; abitudine che è una forza conservatrice, e che corrisponde a quella che nel mondo inorganico si chiama forza d’inerzia. Ma l’abitudine, sia antica, sia recente, se è una forza, non è però una ragione. E deve cedere, almeno logicamente deve cedere, quando i fatti sono provati da testimonianze, e molte, e concordi, e autorevoli. Il numero deve cedere all’autorità.

Si replicherà che le autorità contrarie sono più numerose che le favorevoli. Ma, domando scusa, autorità contrarie non ce ne sono. Anche questo è un errore [p. 78 modifica]che comprendo perchè lo commettevo anch’io. Anch’io dicevo nel mio Manuale di psicologia che, fino allora non avendo veduto cò miei occhi, dovevo rimettermi agli scienziati; ma che vedendo, contro Zöllner, Crookes, Cox e Wallace che dicevano di sì, Faraday, Carpenter, Huxley e Tyndall che dicevano di no, io non sapeva più cosa dire. Ora è vero che gli scienziati autorevoli che credono a questi fatti sono relativamente pochi, e quelli che non vi credono sono molti; ma nessuno scienziato è autorevole in tutto, bensì soltanto in quello che ha studiato bene. Anche Apelle riconosceva l’autorità del calzolaio fin che si trattava di scarpe; ma non più in sù. Ora gli scienziati autorevoli che credono ai fenomeni medianici, come Zöllner, Crookes e Wallace, non sono autorevoli soltanto nelle matematiche o nella fisica o nelle scienze naturali, ma sono autorevoli anche in fatto di fenomeni spiritici, perchè hanno studiato e sperimentato; mentre quelli che negano non hanno sperimentato niente, perchè credono inutile sperimentare l’impossibile; sicchè nelle loro materie saranno autorevoli, autorevolissimi; ma in fatto di fenomeni spiritici sono, per dirla come il cugino di Don Rodrigo, bastonabili, bastonabilissimi. L’Hartmann, che certo è un bell’ingegno filosofico, e che dice di non negare la possibilità dei fatti, ma in fondo ne nega una buona metà, tutti i fatti fisici, poichè li spiega come allucinazioni, ha la lealtà di confessare a pagina sedici del suo libro sullo spiritismo che personalmente non ha mai preso parte a nessun esperimento; e pretende [p. 79 modifica]di spiegare i fatti all’Aksàkow, che all’infuori dello spiritismo non è che consigliere di Stato, ma che ha fatto esperimenti per trenta e più anni coi migliori medii. Il Crookes, membro della società Reale di Londra, non ottiene che la Società nomini una Commissione per sperimentare con lui; dei due segretari della Società, uno, il Sharpey, scansò gentilmente l’invito; l’altro, lo Stokes risponde: «Se alcune poche persone volessero far parte di una Commissione d’investigazione, io non avrei nessuna difficoltà a costituirla. Quanto a me, conosco troppo le giunterie degli spiritisti per dedicare il mio tempo ad una tale Commissione». Così l’Humboldt rifiutava di assistere agli esperimenti dell’Horst, l’autore della Deuteroscopia. Seguono tutti l’esempio del professore di Padova che, invitato da Galileo a verificare i satelliti di Giove nel suo telescopio, rispondeva all’incirca così: «Dei satelliti di Giove, Aristotele non parla; dunque non ci sono, non ci possono essere, e non li voglio vedere; guardate bene, che ci sarà una macchia nel vostro cannocchiale; e se non c’è nel cannocchiale, ci sarà nei vostri occhi». Similmente si conosce un professore d’Università che non voleva guardare col microscopio i bacilli della tubercolosi. Così per i fenomeni medianici un dotto tedesco diceva: «Io non crederò che quando vedrò; quindi non crederò mai, perchè, sapendo che è impossibile, non perderò il tempo a guardare».

Ma, si dirà, fra quelli che non credono vi sono degli scienziati che hanno sperimentato. Sì, alcuni, ma la loro [p. 80 modifica]prevenzione in contrario era molta, e l’esperienza fu molto poca. Il Tyndall, fisico illustre, di cui abbiamo citato più sopra il giudizio sarcastico sugli spiritisti, fu a mala pena trascinato dal Wallace ad un solo esperimento, in cui le prove furono insignificanti. Lo stesso si dica del Carpenter, fisiologo molto reputato, ma che aveva già una teoria fatta, nella quale non tutti i fenomeni potevano entrare. L’accademia di Pietroburgo interruppe fin da principio la serie di sedute che aveva promesso di tenere coll’Aksákow e i suoi tre alleati. «Il fatto è, dice il Cox, che, con tante negazioni, non c’è però nessuno che asserisca di aver fatto con cura e pazienza gli esperimenti del Crookes senza aver gli stessi risultati». Una sola testimonianza forte sarebbe quella del Comitato dell’Università di Pensilvania, che dopo ventuna sedute con dieci medii differenti, concluse che tutti i fatti medianici sono ciurmerie. Un riassunto della relazione di questo comitato si può vedere nei Proceedings della Società londinese per le ricerche psichiche. Questa relazione è però singolarmente indebolita dal fatto che gli esperimenti non furono fatti per curiosità scientifica, ma per giustificare il possesso di trecentomila franchi che un certo Seybert aveva lasciato per testamento alla suddetta Università, a patto che nominasse una Commissione per esaminare specialmente il moderno spiritualismo. Si aggiunga che questa relazione non è uscita che quattro anni dopo il testamento, e che è una relazione preliminare. È un pò poco per trecento mila franchi. Non si [p. 81 modifica]ha alcuna prova che abbia proceduto cogli stessi scrupoli che la Societa dialettica di Londra, la quale ha concluso in senso contrario.

Se certi spiritisti sono veramente, come dice il Tyndall, in uno stato d’animo contro cui le prove non possono nulla, viceversa lo stato d’animo degli oppositori ostinati si comprende, per esempio, leggendo nella protesta del Weber in favore dello Zöllner, che, a proposito delle meteoriti scoperte dal Chladni, il De Luc aveva detto «Quand’anche le avessi vedute cadere ai miei piedi, non vi crederei!». E leggendo nell’Ochorowicz: «Quali sono i limiti della natura? per esempio, una lastra metallica può, sì o no, parlare come un uomo? Bouillaud, che non era un uomo qualunque, diceva di no; che l’ammettere un fatto simile sarebbe come sconvolgere tutte le nozioni della fisiologia. E lo diceva davanti al fonografo di Edison, in piena accademia, e prese pel collo il disgraziato interprete del celebre inventore americano, accusandolo di ventriloquio». Esattamente come quel selvaggio che credeva che nella macchina a vapore fosse nascosto un cavallo. Così non so più qual professore, al quale il Cesalpino aveva mostrato nel cadavere, in pieno anfiteatro, non so qual nervo o muscolo di cui si dubitava, rispondeva da uomo ostinato ma educato: «Voi mi avete fatto vedere così bene, che, se non fosse di Aristotile, quasi quasi crederei». Questo stato d’animo può forse spiegare il giudizio del Comitato dell’Università di Pensilvania. [p. 82 modifica]

E per tutte le novità importanti è stato così. Nei libri degli spiritisti troverete raccontata la storia dell’opposizione di scienziati e di accademie non solo contro le scoperte del moto della terra, della circolazione del sangue, del galvanismo, del magnetismo, ma sopratutto contro le invenzioni ed applicazioni, contro l’emetico ed il vaccino, contro la macchina a vapore per mare e poi per terra, contro il telegrafo in generale e poi in particolare contro il telegrafo Morse, contro l’illuminazione a gas, ecc. Bacone aveva ragione, dividendo gli errori in quattro classi, di tenerne una per gli idola theatri, che potrebbero tradursi: i pregiudizj delle Accademie e delle Università. La scienza, o almeno la scienza delle scuole, è anch’essa un pò dogmatica; non in quanto creda per fede, senza prove, ma in quanto crede che le formole suggerite dall’esperienza passata non possano esser mutate, o almeno corrette, dalla presente. Dovere dello scienziato è sopratutto di saper dubitare; ma non soltanto delle cose nuove bensì anche delle vecchie.

Insomma, per chi non sa nulla di una cosa, l’opinione di un altro uomo, qualunque sia, conta per qualche cosa. Ma poichè, come dice il Berkeley, pochi sono gli uomini che pensano, sebbene tutti pretendano di aver delle opinioni, così le opinioni non si devono contare, ma pesare; e quella di tutto un popolo che non sa, non vale quella di pochi scienziati. Ma, poiché non si accorda fede agli scienziati se non perchè si sa che studiando trovano delle ragioni che noi non conosciamo; così l’opinione di molti [p. 83 modifica]scienziati non val nulla contro una buona ragione. E poichè le buone ragioni sono quelle che si fondano sulla esperienza, così un sacco di ragioni non vale contro un esperimento ben fatto. Cosa val dunque l’opinione dei più, che non hanno nè letto nè sperimentato, contro tanti e così ben fatti esperimenti? Se non dico nulla, ma quasi nulla, è proprio per gentilezza.


Note

  1. Dufay, La vision mentale ou double vue, nelle Revue philosofique, Febbraio, 89, p. 205, ss.: Il y a une douzaine d’années,.. je disais que je n’aserais jamais révéler publiquement ce doni j’avais été témoin. — Nella stessa pagina dice il dottor Azam: Jai vu, et beaucoup de médecins, je crois, ont vu comme moi, des faits de cette nature... Un giorno faranno così anche collo spiritismo.