Pescatori d'Islanda/Parte III/Capitolo V

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Capitolo V

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo V
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[p. 81 modifica] [p. 82 modifica]Doveva essere qualche notizia riguardante suo nipote, ma ella non ebbe affatto paura. Dalle famiglie dei marinai si ha spesso da fare coll’Iscrizione; ella dunque che era figlia, moglie, madre e nonna di marinai, conosceva queill'ufficio da sessant’anni.

Sapendo come si va dal Commissario, fece la sua toletta, indossò il suo migliore vestito ed una cuffia bianchissima e verso le dieci si mise in cammino.

Camminava alla svelta verso Paimpol, un poco ansiosa, pensando che da due mesi non aveva lettere. Incontrò il suo vecchio innamorato, seduto su di una porta e più acciaccato dopo il freddo dell’inverno:

— Ebbene? Quando voi vorrete; non dovete incomodarvi, mia bella!... egli disse, col solito tono di scherno.

Il bel tempo di giugno sorrideva dapertutto intorno a lei. Sulle pietrose altezze erano sempre le ginestre dai fiori giallo oro; ma quando si passava più innanzi si trovava subito la bella verdura nuova, l’erbetta che odorava così bene.

Intorno ai muri oscuri erano dei rosai, dei garofani, dei girasoli e fino sulle altezze dei tetti, mille piccoli fiori attiravano le prime farfalle bianche.

Quella primavera era quasi senza amore nel paese d’Islanda, e le belle ragazze che si scorgevano sognanti sulle porte, sembravano dardeggiare molto lontano, al di là degli oggetti visibili, i loro occhi neri o azzurri. I giovanotti oggetto dei loro desiderii e dei loro sospiri, erano alla grande pesca nel mare iperboreo....

Ma era sempre una primavera tiepida, soave, con quella ricchezza di fiori e quei profumi di piante novelle. E tutta la natura in festa, ritornava a sorridere a quella vecchia nonna che camminava del suo miglior passo, per andare ad apprendere la morte del suo ultimo nipotino. Ella compiva quella corsa sinistra che aveva strappato le ultime lagrime di angoscia a Silvestro agonizzante! Egli l’aveva vista distintamente passare su quella [p. 83 modifica]strada, andando molto svelta, col suo piccolo scialle nero, il suo ombrello e la sua cuffia. E quell’apparizione l’aveva fatto contorcere in uno strazio atroce, mentre l’enorme sole rosso dell’Equatore entrava a traverso la cannoniera dell’ospedale per vederlo morire.

Soltanto nella sua ultima visione, Silvestro se l’era figurata sotto una grande pioggia questa passeggiata della povera vecchia che, al contrario, si compiva in un gaio giorno della primavera in fiore.

Avvicinandosi a Paimpol, ella diventava più inquieta ed avanzava il passo.

Eccola nella città grigia, nelle piccole strade di granito dove altre vecchie, sue conoscenti, sedute alle loro finestre, curiose di sapere perchè fosse venuta, si dicevano:

— Perchè corre così, vestita a festa?

Il commissario dell’Iscrizione non c’era. Un piccolo essere molto brutto, di una quindicina di anni, il suo commesso stava seduto presso una scrivania. Essendo poco abile per fare il pescatore, aveva ricevuto un’istruzione e passava i suoi giorni su quella stessa sedia a imbrattare le carte.

Con un’aria d’importanza, quando ella gli disse il suo nome, si alzò per prendere in un tiretto, delle carte timbrate.

Ve ne erano molte.... che cosa voleva dire ciò? Dei certificati, delle carte, un libro di marinaio ingiallito dal mare. Esalava da quel mucchio di ricordi un odore di morte....

La povera vecchia, che cominciava a tremare, aveva riconosciuto due di quelle lettere che Gaud aveva scritto per lei a suo nipote, e che erano state rimandate senza essere aperte.... Come venti anni prima per la morte di suo figlio Pietro, le lettere erano ritornate dalla Cina e le erano state rimesse. [p. 84 modifica]Il giovanotto ora leggeva con una voce dottorale: «Giovanni Maria Silvestro Moan, foglio 213, matricola -2091 trapassato a bordo del Bien-Hoa il 14....... — Oh! Dio! Cosa gli è successo mio buon signore?

— Trapassato!... Egli è trapassato.

E, vedendo che ella non comprendeva quella parola glielo disse in bretone:

— «Marw èo!...»

— «Marw èo!....» (Egli è morto!) Ella ripetette dopo di lui, la lugubre parola come una eco ridirebbe una frase indifferente. Ora aveva ben capito, tremava; ma sembrava poco addolorata. La sua facoltà di soffrire si era veramente un poco indebolita a forza di età e sopratutto dall’ultimo inverno.

Il dolore la colpiva lentamente e poi, in quel momento, nella sua testa le idee si offuscavano ed ella confondeva quella morte con le altre. Ne aveva perduti tanti di figli!.... Dopo qualche momento potette ben capire che quello li era il suo ultimo, il suo carito, quello per cui aveva tanto pregato!....

Provava una specie di vergogna a far comprendere il suo dolore a quel piccolo signore che le faceva orrore.

Così si annunziava ad una nonna la morte del suo nipotino!... E restava in piedi, davanti alla scrivania, irrigidita, torturando le frangie del suo scialle nero, con le povere dita di vecchia. Come si sentiva lontana da casa sua!... Mio Dio, dover camminare tanto prima di giungere alla casupola dove aveva fretta di rinchiudersi— come le bestie ferite che si nascondono nelle tane per morire. Anche per ciò ella si sforzava di non pensare, di non comprendere ancora bene, spaventata dall’idea di un cammino così lungo.

Le rimisero un mandato per avere, come erede, i trenta franchi che si erano ricavati dalla vendita del sacco di Silvestro; poi le lettere i certificati, e la scatola contenente la medaglia militare. Goffamente prese tutto ciò, [p. 85 modifica]passandolo da una mano all’altra e non trovando più le sue tasche.

Passando per Paimpol tirò dritto, non guardando nessuno, col corpo un poco inclinato come chi sta per cadere, sentendo un ronzio alle orecchie; e affrettandosi, come una povera macchina, già antica, rimontata con sveltezza per l’ultima volta, senza penetrare l’imminente rottura delle molle.

Al terzo chilometro, cadde affranta, estenuata: si rialzò e sempre tremante, riprese la sua corsa urtando spesso col suo zoccolo in qualche pietra, cosa che le produceva nella testa una sensazione dolorosissima. E si affrettava, si affrettava sempre per arrivare a casa sua, per paura di cadere ancora e di non avere più la forza di rialzarsi....


Capitolo Sesto.


— La vecchia Yvonne che è ubbriaca!

Ella era caduta e i monelli le correvano dietro; fu proprio all’entrata di Ploubazlanec, dove vi sono molte case lungo la strada.

Ebbe però la forza di rialzarsi e zoppicando si salvò col suo bastone.

La vecchia Yvonne che è ubbriaca!...

I piccoli sfrontati andavano a guardarla sotto il naso ridendo.

Ve ne erano di quelli che dopo averla vista bene, con quella smorfia di dolore senile, se ne andavano rattristati e sorpresi non osando dire più niente.

Giunta a casa sua, chiusa la porta, gettò un grido di disperazione suprema, e si lasciò cadere in un angolo con la testa al muro. La sua cuffia le era caduta sugli occhi, la gettò a terra — la sua povera, bella cuffia conservata sempre con tanta cura! La bella veste della domenica era tutta sporca, ed una piccola coda di capelli, di un bianco