Pescatori d'Islanda/Parte V/Capitolo XII

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Capitolo XII

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo XII
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Capitolo Dodicesimo.


Quella fine di settembre somigliava ad un’altra estate, solamente un poco più triste. Era tanto bello il tempo che, senza le foglie morte cadenti come una pioggia triste sulle strade, si sarebbe creduto di essere in giugno. I mariti, i fidanzati, gli amanti erano ritornati, e, dapertutto vibrava la gioia di una seconda primavera di amore. [p. 153 modifica]Un giorno finalmente si cominciò a scorgere uno dei due navigli ritardatari. Quale dei due?...

Presto, il gruppo delle donne, si era formato, muto, ansioso sulla spiaggia.

Gaud, tremante, pallida era là col padre del suo Yann.

— Io credo — diceva il vecchio pescatore — io credo fermamente che sono essi. Un listone rosso, e tutto l’insieme rassomiglia graziosamente al suo battello. Che ne dici, figlia mia?

— E pertanto no — riprese con uno scoraggiamento improvviso, no, noi ci sbagliamo ancora, l’asta non è la stessa ed hanno una vela triangolare. Per questa volta non sono essi: è la Maria-Giovanna. Oh! ma certamente, figlia mia, non tarderanno a venire.

E i giorni si seguivano, le notti si succedevano con una tranquillità inesorabile.

Ella continuava a fare toletta, un poco come un’insensata, sempre per paura di rassomigliare ad una moglie di naufragato, esasperandosi quando gli altri prendevano con lei un’aria di compassione e di mistero e voltando gli occhi per non incrociare lo sguardo con quelli che, compiangendola, l’agghiacciavano.

Ora aveva presa l’abitudine di andare fin dal mattino sull’alta scogliera di Pors-Even, passando dietro la casa materna di Yann per non essere vista da sua madre e dalle sorelline. E andava sola, sedeva là tutto il giorno a piedi di una croce isolata, che domina la lontananza delle acque immense.....

Ve ne sono così dapertutto di quelle croci di granito che si drizzano sulle scogliere avanzate di quella terra di marinai, come per domandare grazia; come per ammansire il grande mostro che attira gli uomini e non li rende più, preferendo sempre tra le vittime i più valenti ed i più belli.

Intorno a quella croce di Pors-Even, vi sono delle [p. 154 modifica]lande eternamente verdi, tappezzate di ginestre corte. E a quell’altezza l’aria del mare era pura, avendo appena l’odore salato delle alghe, ma piena dei profumi deliziosi di settembre.

E si vedeva disegnata molto lontano, la terra di Bretagna che finiva in punta e si allungava sulla tranquillità delle acque. Leggermente il mare bagnava le prime roccie e niente turbava il suo lucente specchio; esso faceva un rumore leggiero, carezzante che saliva dal fondo di tutte le baie. Ed erano degli orizzonti così tersi, delle profondità così dolci!

Il grande abisso azzurro, la tomba dei Gaos, conservava il suo mistero impenetrabile mentre che delle brezze, deboli come dei soffi, portavano l’odore delle ginestre rifiorite all’ultimo sole di autunno.

A certe ore il mare si abbassava e delle grandi macchiesi allargavano dapertutto come se, lentamente, la Manica si vuotasse; in seguito con la stessa lentezza le acque risalivano e continuavano il loro moto misterioso senza alcun pensiero dei morti.

E Gaud seduta ai piedi della sua croce restava in mezzo a quella tranquillità, guardando sempre, fino a che cadeva la notte, fino a che non vedeva più niente.