Piccola morale/Parte prima/XII. Come e quando si faccia uso della ragione

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Parte prima - XII. Come e quando si faccia uso della ragione.

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Parte prima - XII. Come e quando si faccia uso della ragione.
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XII.

COME E QUANDO SI FACCIA USO DELLA RAGIONE.

È una bella parola questa ragione! All’udirla nominare l’uomo alza la testa per mostrarsene il padrone, come in una distribuzione di premii il graziato stende la mano alla medaglia che gli fu destinata. Il resto degli animali se ne va silenzioso colla testa bassa, ben mostrando che parlasi di cosa che non gli appartiene. Nella rassegna degli enti creati è con questa parola che l’uomo si fa innanzi a contendere della supremazia, con questa giustifica mirabilmente quelle tante che potrebbero sembrare usurpazioni sulla restante natura.

Ma dopo tanta solennità di parole veniamo ai fatti; qual uso fa egli di questa benedetta ragione, in qual conto la tiene? Avete mai veduto ne’ palazzi de’ feudatarii i ritratti dei maggiori, logori per vetustezza, e lasciati in preda alle tignuole e alla polvere fra le tenebre delle soffitte?

È tale il nostro caso, bastandone soltanto il nominar la ragione per pompa come proprietà nostra, appunto alla guisa che que’ feudatarii nominano I loro antenati come ricchezze dell’albero gentilizio.

Ne volete di più? Se a taluno venga il ticchio [p. 58 modifica]di trarnela fuori dalla sua abituale dimenticanza, e metterla in azione, si ode rispondere: lasciamo da parte queste malinconie, che importa di queste sottigliezze, prendiamo la cosa alla buona (il qual prendere le cose alla buona significa senza ragionarvi sopra più che tanto). Che cosa vorrebbe significare mai questo? Che la ragione sia un peso, anzichè un dono? Che l’uomo sia condannato a portarla attorno per tutto dove chi’ei vada, con quello stesso gusto che sembra debba averc la testuggine a trascinare il faticoso guscio che la coperchia? Per l’onore della mia specie sono ben lontano dal pronunziare siffatta sentenza.

Lasciando stare i perchè, pianta di spezie sì variate e moltiplici da reputarsi ben fortunato chi giugne a conoscerne l’esatta e scientifica classificazione, mi contento dei fatti; ed è pure un fatto che gli uomini usino raramente, e il più di queste rare volte, con una specie di repugnanza, della propria ragione. Che altro voleva significare il maligno censore di Sinope, andando attorno colla lanterna di bel mezzo giorno? Era forse l’uomo che E mangia e beve e dorme e veste panni, di cui cercava con tanto ansiosa curiosità? Ciò faceva per dimostrazione del trovarsi tra la calca di quelli.

Pure, vedete, non è tanto di ciò che mi mara[p. 59 modifica]viglio, quanto del come e del quando si usi dagli uomini la ragione. Lasciarla dormire è pur qualche cosa; ma il destarla per un nonnulla, per forzarla, se fosse possibile, a dir sorbo il fico, e gambaro il ramarro, egli è qui che la pazienza mi fugge. Non sarebbe agevole il dichiarare in un libro le ragioni per cui gli uomini s’insidiano continuamente negli averi e nell’onore, per cui si ammazzano anche talvolta poco fraternamente; il più di quelle ragioni si troverebbero contro ragione. Facilissimo all’incontro, almeno chi stesse al discorso della più parte, sarcbbe l’allegare le varie e gravi ragioni per cui un ballo si deve tenere piuttosto ad una che ad un’altra ora, in questo meglio che in quel luogo; ovvero perchè nel fare una riverenza giovi piegarsi piuttosto nel collo che nelle reni, e battere tacco a tacco in luogo di strisciare il terreno con uno de’ piedi. O qui si le categorie di Aristotile non tornano inutili, e le formule logicali di Pietro Spano fanno bellissima prova!

A questioni che a taluno potrebbero sembrare d’una importanza assai grande basta il rispondere con un sarà, perchè no? e somigliante: ma in quelle di cui parliamo si vuole toccar fondo, esaminar l’argomento per ogni suo verso. Guai a chi prendesse siffatte cose leggermente, o ne parlasse a casaccio! Questi soggetti sono da prendersi e continuarsi per filo, le indu[p. 60 modifica]zioni domandano la più stretta regolarità. Eh! i filosofi non mancano a questo mondo, basta cercarli dove ch’ei sono, e dar loro materia conveniente da esercitare la propria perspicacia. Quante volte non mi è toccato di vergognare nel cospetto di questi tali udendo la finezza delle loro conclusioni! Sarebbe una ridicola pretensione il volere che fossero filosofi come e quando piace ad altri. Uno è ragionatore quando trattasi di cavalli, un altro quando di prime recite; la logica del primo cammina con quattro gambe, quella del secondo si manifesta per trilli in cambio che per sillogismi.

Ma non mai la ragione è messa tanto in opera dagli uomini quanto allora che si hanno torto. Oh le ragioni di quelli che non ne hanno alcuna sono pur numerose, sono pur belle! Chi più di essi fa getto di un nome tanto prezioso? Veggo, passeggiando le vie, alcuni fondachi di merci, ne’ quali diresti all’esteriore apparenza che la ricchezza avesse posto il principale suo seggio; altri ne veggo che mancano affatto di abbigliamento superficiale, e chi vuole misurarne il valore dee frugarvi per entro con diligenza. Di tal maniera vanno presso a poco i discorsi degli uomini. Qui ad ogni due parole salta in mezzo la ragione; colà all’incontro la non si mostra che parcamente, e quasi fosse timida di comparire.

Che se ne conchiude da tutto questo? Vedete che razza di conclusioni ne traggo io: [p. 61 modifica]

  1. L’uomo è animale ragionevole, ma non si briga gran fatto di parer tale.
  2. Se deve usare della propria ragione, il fa più tardi e più alla sfuggita che gli è possibile.
  3. Fra gli argomenti intorno a’ quali fa uso della propria ragionc, sceglie quelli che sono i più frivoli.
  4. Non mai si sbraccia con più calore a metter fuori la sua ragione d’allora ch’egli ha torto.

Da queste quattro conclusioni si passa naturalmente a queste altre:

  1. L’uomo è modesto in proposito di ragionevolezza.
  2. È indifferente in proposito di giustizia.
  3. Si appassiona per le cose da nulla.
  4. Persiste con tutto valore nel proprio torto.

Certo da queste conclusioni non ci guadagna gran fatto l’onore della nostra specie; ma vuolsi avvertire che le non sono generali, e non poche eccezioni possono essere suggerite a ciascuno dalla propria memoria, e dalla pratica della vita.

Quanto a quelli poi che trovassero prive affatto di fondamento le nostre osservazioni e le conclusioni che ne abbiamo tratto, veggano di rileggere la quarta; e con un poco di pazienza, quando tutta non sia loro fuggita, si contentino di esaminare se nulla sia in essa contenuto da poter riferire a sè stessi.