Piccolo mondo moderno/Capitolo ottavo. Senza traccia/V

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Capitolo ottavo
Senza traccia
V

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Capitolo ottavo. Senza traccia - IV Piccolo mondo moderno

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V.


L’indomani mattina, prima di uscire con la messa, don Giuseppe domandò se il signor Maironi fosse in chiesa, e, udito che no, attese, così parato, alquanto. Finalmente, tardando ancora Maironi a venire, uscì. Rientrato in sacrestia vi trovò il custode il quale aspettò a mala pena che finisse il ringraziamento per dirgli con voce tremante e con faccia turbata di venire a casa subito subito. Cosa era mai successo? Il custode non rispose che quando ebbe chiuso dietro di sè l’uscio di casa. La risposta fu uno scoppio di pianto.

“Ma santo cielo, cosa c’è?„ esclamò don Giuseppe, “parlate!„

Impossibile; il pover uomo non riusciva, fra i singhiozzi, a spiegarsi.

“Guardi qua!„ diss’egli a stento. E gli porse un biglietto.

Don Giuseppe lo lesse, comprese, non mostrò meraviglia, si fece accompagnare nella camera dove Piero aveva dormito.

Era una cameretta dell’ultimo piano, con due finestre, una a mezzogiorno, sopra il tetto della sala, verso monte Bisgnago, l’altra a ponente, sopra [p. 460 modifica]il giardinetto pensile, in faccia allo specchio lungo e stretto delle acque, che va sino a Gandria e al S. Salvatore. Ambedue le finestre erano aperte, la pace del lago e delle montagne entrava nella camera vuota. Una valigietta e un soprabito di Piero erano sul cassettone, l’ombrello e il bastone in un angolo, onde a prima giunta don Giuseppe sorpreso, esclamò:

“Se la sua roba è qui!„

Ma poi trovò sulla scrivania una lettera con questa soprascritta:

Per Lei, don Giuseppe, e Iddio Le renda il bene che mi ha fatto.

Il letto era intatto, don Giuseppe domandò al custode se non avesse udito alcuno scender le scale durante la notte, aprir la porta di casa. No, non aveva udito. In fatto alle sette e mezzo la porta era ancora chiusa. Invece don Giuseppe, alle sei e mezzo, aveva trovato aperto il cancello del giardinetto. Piero doveva essere uscito di là. Don Giuseppe lesse la sua lettera; non vi erano che le istruzioni promesse, la conferma delle intelligenze prese a voce e una busta suggellata, con la scritta: da aprirsi dopo la morte di Piero Maironi. Il biglietto al custode conteneva un affettuoso saluto di commiato, una lode, un ringraziamento e l’ordine di considerare don Giuseppe [p. 461 modifica]Flores come suo padrone. Il custode non sapeva, non capiva niente, temeva un atto disperato per la morte della signora, parlava di far subito ricerche a Porlezza e a Lugano.

“No no„, gli disse don Giuseppe, “non temete disgrazie. È il Signore che lo conduce. Se il Signore vorrà, lo rivedremo. Egli desidera intanto nascondersi al mondo. Rispettiamo il suo desiderio„.

In quel momento il fedele custode tacque, ma poi non si tenne dall’andar cercando le tracce del padrone. Mai non gli fu possibile di trovarne alcuna. Nessuno lo aveva incontrato, nessuno lo aveva veduto, nessuno ne aveva udito i passi. Se mai sia per venire il giorno in cui la occulta via dell’uomo scomparso si riveli, in cui ci si apprenda il perchè di tanto mistero, solo Chi lo ha chiamato alle proprie battaglie lo sa.

FINE.