Poemetti e poesie varie (Carlo Gastone Della Torre)/Poesie varie/II. In morte di Annibale Olivieri
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II
IN MORTE DI ANNIBALE OLIVIERI
archeologo pesarese.
S’è ver che gli usi e le solerti cure
e il lungo vigilar serene notti
seguon sotterra oltre le tombe oscure
l’alme de’ dotti,
5varca pur l’onda che non ha ritorno,
saggio Neralbo: un nuovo sol ti splende,
e in taciti recessi ermo soggiorno
di lá ti attende.
Apre rustiche vòlte ivi nel sasso
10freschissimo ederoso antro capace;
ne sgorga in giú, precipitando il passo,
onda loquace.
Non belva i rami fa stormir, non vento,
e sol, romito abitator di fronde,
15il rosignuol suo tenero lamento
ivi diffonde.
Ivi il dotto silenzio erra pel bosco,
e di pensier simili a’ sogni un nembo
fa piovere, scotendo il mantel fosco
20all’erbe in grembo.
Sulle palladie carte a tutti ascoso
lá pender puoi come quassú ti piacque:
a meditar ti chiama il bosco ombroso
e il suon dell’acque.
25Godrai non men di favellar con cento
ombre a te note per memorie antiche,
misurando d’Eliso a passo lento
le sponde apriche.
Primi verranno, d’amicizia in pegno,
30teco due grandi ad annodar la mano,
che fûr faville ond’arse il chiaro ingegno:
Plinio e Traiano.
Surta in te del saper l’almo desio,
oh quanta nel raccôrre opra locasti
35in parlante metal, tolti all’oblio,
Cesari e fasti!
Poi, per lung’uso e per vigilie dotte,
abil tu fosti arcane cifre e carmi
e d’ogni etade a stenebrar la notte
40su’ patrii marmi.
La cagion quindi a rintracciare inteso
onde il nome rimase al tuo Pisauro,
non la traesti dal sognato peso
del roman auro,
45quando a’ quiriti le ritorte indegne
de’ Galli vincitor Furio disciolse
e le predate ad Allia armi ed insegne
di man lor tolse;
ma da’ siculi, al mar dalla lontana
50Elide giunti, onde a ragion la bella
terra fra l’acque e l’Appennin montana
Pisa s’appella.
Lá vidi mille al tempo invido tolti
cimeli e lungo di volumi eletti
55ordine, in cui sono i tesori accolti
degl’intelletti;
ed ammirai la suppellettil vasta
onde la patria tua superba è tanto,
che al palatino Apollo omai contrasta
60l’antico vanto.
Ma piú per l’opre tue, chiaro e perenne
suona il suo nome per l’Italia, e invano
il fiero vecchio dall’eterne penne
morde la mano:
65che non giá tutto nell’urna profonda
scende, cenere fatto, alto scrittore;
Invidia, il labbro d’atro fiele immonda,
sola vi muore.