Poesie (Antonio di Guido)/XV

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XV. Questa canzona fece maestro Antonio di Guido per lo inlustrissimo Lodovico marchese di Mantua istrenuo capitano de' Fiorentini

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Antonio di Guido - Poesie (XV secolo)
XV. Questa canzona fece maestro Antonio di Guido per lo inlustrissimo Lodovico marchese di Mantua istrenuo capitano de' Fiorentini
XIV XVI


 
Isplendor orbis, princeps serenissimo,
e gloria dell’italico paese,
invittissimo e magno capitano,
giusto forte prudente e costantissimo,
5prono e illustro alle strenue imprese,
tríonfo singular del seggio umano,
oh speglio mantovano,
in cui refulge la speranza nostra,
orta dal sol di vostra caritade,
10de’ savi cittadin del reggimento,
ché, per vostra eccellenza,
ogni nostro aversar fie strutto e spento!

L’antiche eccelse e chiare opre paterne
del luminoso vostro genitore,
15e l’esimie eccellenze, che ’n voi sono
aparenti, essistenti son lucerne
ardenti ad un sì fulgido splendore,
ched è mirabil lampo a l’uman trono.
Concludendo, io ragiono
20che le cose passate e le presenti
fanno sovente note le future;
benché sentenzie oscure
sien quelle del futur, pur noi intendiamo
che ’l sangue da Gonzaga
25è quel c’ha a conservar l’onor toscano.

Prima col grande ingegno naturale,
e poi per disciplina militante,
la qual si vede in voi perfetta e ’ntera,
po’ pel corpo robusto, el qual prevale
30ogn’altro all’esercizio agonizzante
colla reputazione immensa e vera,
nell’ordin d’ogni schiera,
pedestre, equestre, vetusta e tiroria,
quomodo ergo può mancar mai gloria
35alla vostra memoria,
la quale eccede ogn’altra cosa degna,
che noi triunferen con vostra insegna?

In voi è voglia buona, in voi potenza,
in voi serenità d’antique prole,
40in voi lucidità d’alto intelletto,
in voi opre e costumi, atti e parole,
in voi quant’esser può di ben perfetto.
Sia quel dì benedetto
che ’l ciel degno mi fé ched io parlassi
45a voi, Marchese egregio e pelegrino,
in cui valor divino,
e non uman, considerar mi piace,
ché l’onor vostro a noi fie gloria e pace.

Le laudate virtù crescon ne buoni,
50e piace al savio e ’l buon d’esser lodato,
perché è parte del ben ch’elli aspetta;
le benedette laude son cagione
che quello ch’è virtuoso e venerato
per le virtù di lor più si diletta,
55e purga e smacchia e netta
qual cosa fosse in lui sorda o turpa,
e nitido si fa, terso e iocundo.
O Marchese fecondo,
ben so ch’a vostre laude converebbe
60altro ingegno che ’l mio,
e forse anche ogni uman ci mancherebbe,

se già non resurgesse un nuovo ingegno,
qual quel del vostro chiar compatríota
cantor, che passò il ciel con dolc’istile
65pel gran figliuol d’Anchise giusto e degno,
che la gloria di voi facesse nota,
la qual precede ogni virtù virile,
o quel greco sotile
di voi cantassi qual cantò d’Achille,
70però ch’ogn’altro ingegno sarie poco,
debile, stanco e roco,
solo allo immaginar delle vertute,
che ci fien pace in terra e ’n ciel salute.

Canzona, degna del più bel suggetto
75che alcun’altra delle tuo sorelle,
cantando a Lodovico ten girai,
di Mantìa marchese, e, con eletto
grave modo, parole dolce e belle
inchinandoti a lui, così dirai:
80«O signor mio, se mai
fu tempo da salir con fama al cielo,
mi par ch’adesso sia, e voi il vedete;
a memoria tenete
quel che tenuto avete già gran tempo,
85sollecitudin sempre
ché niuna cosa vola più che ’l tempo».