Poesie (Campanella, 1915)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/10. Parallelo del proprio e comune amore

Da Wikisource.
10. Parallelo del proprio e comune amore

../9. Contra il proprio amore scoprimento stupendo ../11. La cagione, perché meno si ama Dio, sommo bene, che gli altri beni, è l'ignoranza IncludiIntestazione 7 luglio 2020 75% Da definire

10. Parallelo del proprio e comune amore
Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla - 9. Contra il proprio amore scoprimento stupendo Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla - 11. La cagione, perché meno si ama Dio, sommo bene, che gli altri beni, è l'ignoranza
[p. 20 modifica]

10

Paralello del proprio e comune amore

Questo amor singolar fa l’uomo inerte,
ma a forza, s’e’ vuol vivere, si finge
saggio, buon, valoroso: talché in sfinge
se stesso annicchilando alfin converte
(pene di onor, di voci e d’òr coverte);
poi gelosia nell’altrui virtú pinge
i propri biasmi, e lo sferza e lo spinge
ad ingiurie e rovine e pene aperte.
Ma chi all’amor del comun Padre ascende,
tutti gli uomini stima per fratelli,
e con Dio di lor beni gioie prende.
Tu, buon Francesco, i pesci anche e gli uccelli
frati appelli (oh beato chi ciò intende!);
né ti fûr, come a noi, schifi e rubelli.

Questo sonetto ci avvisa che l’amor proprio ci fa schifar la fatica, e però divegniamo inabili. E poi, perché ci amiamo troppo, vedendo che le virtú son quelle che conservan l’uomo, ci fingiamo almeno virtuosi; e questo fingersi quel che non siamo, è un annicchilamento di quel che siamo, assai penoso. Ma questa pena è coverta d’onori falsi, d’adulazione e da ricchezze di fortuna, ne’ principi piú che in altri. Dopo, conoscendo essi che gli veri virtuosi son come testimoni della falsa virtú loro, entrano in gelosia di stato, e vengono ad uccider ed ingiuriar le genti buone [p. 21 modifica] ed insidiarle, e rovinare quelle e sé e la Repubblica. All’incontro, l’amor universale vero, divino, stima piú il mondo che la sua nazione e piú la patria che se stesso: tutti tiene per fratelli, gode del ben d’altri, vi cessa la penosa invidia e gelosia; e così viene a goder d’ogni bene, come del proprio, a far bene a tutti, ed esser poi signor di tutti per amore ed innocenza, non per forza. E porta l’esempio di san Francesco, che chiamava i pesci e gli uccelli «fratelli suoi», e gli liberava quando erano presi; onde arrivò a tanta innocenza, che l’ubbidivano gli animali. Cosi a san Biago ed altri santi; e così sarebbe stato nel secolo d’oro, se Adamo non peccava.