Poesie (Fantoni)/Idilli/XIII. La noia della vita

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XIII. La noia della vita

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XIII

La noia della vita

1
     Dove si perde nella valle il monte,
bruno per i ginepri e per le stipe,
e tortuoso rio, nato da un fonte,
garrulo scorre fra l’erbose ripe,
di giunchi intesta e di palustre canna
sorge cinta d’allori una capanna.
2
     Cresce sul monte il giorno e un vitreo lago,
che forma il rivo, a piú color dipinge;
la fertil valle d’olmi un ordin vago,
maritato alle viti, intorno cinge;
si copre d’ombra il monte, e il sole allora
l’opposta valle e il vicin colle indora.
3
     Volgeva un dí per l’erta cima i passi,
il barbuto guidando amico armento,
quando rotta una voce in mezzo ai sassi
in flebil suono mormorare io sento:
lascio il gregge, mi appresso e al mesto viso,
non veduto da lui, Tirsi ravviso.
4
     — Infelice! — diceva — a me che giova
l’esser ricco di campi e gregge, quando
nella ricchezza mia non si ritrova
quella felicitá, ch’io vo cercando?
Ma stolto che son io! non ha la vita,
la cerco invan, felicitá compita.

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5
     Allor che l’altrui greggia io conducea,
orfano, a pascolar, giovin pastore,
di folle brama d’ambizion pascea
l’intollerante aviditá del core;
a un’anima impaziente era molesta
l’aurea tranquillitá d’una foresta.
6
     Abbandonai le patrie selve, e volsi
ramingo il passo alla cittá: timore,
sdegno, speranza, pentimento accolsi,
or di gioia ministri, or di dolore:
pietoso cittadin mi terse il ciglio,
al sen mi strinse e mi educò qual figlio.
7
     Ma presto in braccio a una fatal ricchezza
mi lasciò senza guida; in preda a cento
tumulti io consumai la giovinezza,
senza che mai potessi esser contento;
lo stolto desir mio cercando giva
quell’ignoto piacer che lo fuggiva.
8
     Credea talvolta, dopo lungo affanno,
trovata aver la desiata pace,
ma non era che un’ombra ed un inganno
meno vano degli altri e men fugace:
s’io piú tardava a discoprir l’errore,
era il mio pentimento anche maggiore.
9
     L’occhi-azzurra cagion del mio diletto
divenne infida. Riconobbi in essa
l’antico inganno: mi stringeva al petto;
ma solo amava, l’infedel, se stessa;
eran la meta degli avari ardori
l’orgoglio femminil e i miei tesori.

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10
     Scossi il giogo d’amor, l’empia spezzai
ferrea catena, onde io gemeva a torto,
e, di pascolo privo, alfin sperai
nell’amicizia ritrovar conforto;
ma la turba pieghevole importuna
amava, piú di me, la mia fortuna.
11
     Ma come in altri ritrovar potea,
se in me non rinveniva un fido amico?
Ahi! la natura quale in sen ci crea,
nel destarvi il desio, fiero nemico!
L’uomo, inquieto sempre e malcontento,
forma del suo piacere il suo tormento.
12
     Conobbi allor di cittadine mura
fra l’indiscreto strepito noioso,
che invan cercava la tranquilla e pura
pace dell’alma e il candido riposo:
del mio destin e di me stanco omai,
all’antica foresta io ritornai.
13
     Prezzo de’ miei tesor, questa mi vende
valle fertil di campi il vecchio Egisto.
Il povero mio cuor di fare intende
dei campi insieme e di sua pace acquisto;
ma la noia, che ognor l’agita in petto,
mesta lo segue nel cangiato tetto.
14
     Avvezzo agli agi, piú non trova in questo
quella pace, che un di goder credea;
quello che ora lo cruccia e gli è molesto,
la sua felicitade allor facea,
perché ancora con lui, qual pria, non stanza
la madre del piacer, cara ignoranza.

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15
     Che appresi a saper mai, se non che sono
nato per esser tristo ed infelice?
che per quei pochi di che diemmi in dono,
mio malgrado, natura, a me non lice
sperar, se nell’inganno ognor non vivo,
viver d’affanno e di tormento privo?
16
     Barbara veritá, qualor le bende
tu togli alla ragion, qual vuoto immenso
in sé il cor non ritrova! In te si rende
alle carezze altrui sordo ogni senso,
l’amato errore in te si perde e muore,
sterile avanzo di un fatal languore.
17
     Ove, o piaceri che godea, fuggiste,
quando ignoto a se stesso ancor vivea?
Vi chiamo invano: al rapitor rapiste,
per mancarne di piú, quello che avea
disingannato ricercando, ahi stolto!
Perdetti il poco e non rinvenni il molto.
18
     Infelice mortal! lo scherno sei
di te stesso, degli altri e della sorte.
Ali! perché mai darci la vita, o dèi,
se ci negate poi cercar la morte? —
Disse, piangendo; e, giá fuggito il giorno,
alla capanna sua fece ritorno.