Poesie (Fantoni)/Varie/IV. All'Essere supremo

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IV. All'Essere supremo

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IV

Inno a Dio

Parafrasi di quello di Giuseppe Maria Chenier

(1797)

     Fonte di veritade, — che l’impostura oltraggia,
di quanto ha moto e vita — eterno protettore;
Dio, della libertade — padre, della natura
Creator conservatore;

     5sta innanzi a te l’Italia — te sol grande, increato
conosce e necessario, — che il tutto anima e regge,
nemico al dispotismo, — autor della virtude,
principio della legge.

     Del mondo i fondamenti — tu sovra i mar posasti;
10vibra tua mano i fulmini — e discatena i venti;
tu splendi entro del sole, — la cui fiamma feconda
nutre tutti i viventi.

     Compie il tacito corso — con ineguali passi
la guida della notte, — squarciando il nero velo;
15tu il sentier le additasti — e di un popol di stelle
disseminasti il cielo.

     Sono i tuoi altari sparsi — nelle cittá opulente,
negli antri solitari, — in sen delle campagne,
nell’alto cielo, in fondo — del mare e delle valli,
20in cima alle montagne!

     Ma assai piú che l’Empiro, — ove ciascun ti crede,
esiste, di te degno, — un santuario augusto,
in cui libero e puro — gusti soave incenso:
il cuor dell’uomo giusto.

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     25Nell’occhio sfavillante — d’intrepido guerriero
in tratti maestosi — scolpisti il tuo splendore,
e nei timidi sguardi — dell’umil verginella
l’amabile pudore.

     Dei parchi vecchi in fronte — l’immobile sapienza
30sembra che teco scriva — gli aurei decreti eterni;
l’orfano senza appoggio — trova un asilo innanti
a’ tuoi sguardi paterni.

     Tu sei che germogliare — fai dalla calda terra
i deliziosi frutti, — che avean promesso i fiori;
35tu versi nel suo seno — le feconde rugiade
e i gel riparatori.

     E allora che il desio — nell’anime languenti
la voce incantatrice — di primavera adduce,
tutto ciò che creasti, — spirando tenerezza,
40s’agita e riproduce.

     Dall’antartiche sponde — all’artico confine
te invoca de’ suoi figli — lo stuolo ampio disperso;
per te ridente e bella, — benedice natura
il Dio dell’universo.

     45Scorrendo il corso eterno, — le sfere, i mondi, i soli
narran tuoi benefici, — innanzi a te protesi,
e d’immensa armonia — empion, fremendo, i cieli
attoniti e sorpresi.

     Gran Dio, che agli scettrati — potenti assisi in soglio
50tingi l’altera fronte — di timido pallore,
che nei tuguri oscuri — visiti degli oppressi
l’insultato dolore;

     del premiato delitto — tormento ognor presente
nei giorni, che lo stolto — crede illustri e felici,
55dell’innocenza afflitta — bisogno, amico estremo
degli umili infelici.

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Dei schiavi e dei tiranni — tu disprezzi l’omaggio,
tuo culto è la virtude, — tua legge è l’eguaglianza;
su l’uom libero e puro — col fiato tuo spirasti
60un’immortal sostanza.

     Quando per man dei franchi — dal nostro piè togliesti
dei vergognosi ceppi — lo scellerato impaccio,
tu ci guidasti all’Adige — tu ci guidasti al Cenio
con invincibil braccio.

     65Del Panaro, del Crostolo — del Po, del Reno i figli
spingesti di Verona — ad atterrar le porte:
per te di Brescia e Bergamo — gridan le armate genti:
— O libertade o morte! —

     Fra le lagune adriache — tu l’alta mole antica
70crollasti, e cadde il tempio — del dispotismo atroce;
tu su le sponde liguri — col giusto piè calcasti
l’oligarchia feroce.

     Per te giurò, fremendo, — al franco genio invitto
pace il nipote austriaco — della parmense Amalia,
75e con tremante destra — scrisse fra i grandi patti
la libertá d’Italia.

     Cadde per te delusa — aimè! per brevi istanti
dell’itala virtude — l’onda calunniatrice,
e si svegliò del popolo, — di nuovi ceppi al suono,
80l’ira vendicatrice.

     Vide di Pitt le insidie — vide i pugnali..., armarsi
troni ed altari, e disse, — tratto un sospir profondo:
— Non dormo, no son desto!— e sotterrò con l’armi
la libertá del mondo.

     85Tu, che, temuta un giorno, — su la tarpea pendice
la proteggesti, reggi — tu con pietosa mano
il suo miglior destino — e sii alleato eterno
di un popolo sovrano.

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     Fa’ con erculeo braccio — che i ferrei troni in polve
90riduca e i vizi atterri, — calpestando i tiranni,
e per virtú immortale — lieta rammenti i giorni
dei tollerati affanni.

     Fa’ che le sue vittrici — tricolorate insegne
d’Esperia ovunque ondeggino — su le domate parti,
95e che pronte germoglino — fra le guerriere palme
leggi, costumi ed arti.