E lente marce funebri, per bare
piene di rose, trascinate lungo
valli violette, su carrocci d’oro, 4dai candidi cavalli della morte.
È l’alba. Il cielo non ha più colore,
e ascolta intento il passo dei cavalli
ch’escon dall’ombra e salgon verso l’alte 8vette gemmanti che la luce ingiglia.
È un passo lento, ritmico, che insiste
in quel silenzio tragico di vette,
su quelle pietre bianche come il sale, 12destando gli echi delle valli. È l’alba.
Chi è, chi è che viene? Un che di dolce
s’ode tra i passi dei cavalli. È come
un trasalire d’anime, o di sogni, 16che in un arpeggio aprano l’ali... È il Sole.
E dalle rocce calpestate, vivi
tra le zampe, in un volo di colombe
fugate, a mille, d’un più gran compianto, 20s’alzan con sacri brividi i presagi.
E or che i carrocci, con eroiche bare
d’adolescenti esanimi fra i fiori,
già sembrano salire verso più miti 24domini, e l’erba accoglie ogni rumore,
or nella marcia passano i lamenti
col viso dolce, ed una cornamusa
santa sospira sulle bare, tocca 28dalle angeliche dita del dolore,
mentre i preludi infantilmente triste
s’inebriano bevendo acqua di pianto,
e la marcia evangelica si veste 32di bianco, come un’elegia per l’alba.
Ma già ritorna il passo dei cavalli
(in pace, in pace le anime!) ritorna,
ritorna e insiste, insiste sulle pietre, 36nota su nota, diamantinamente.
Biancheggia ancora, a tratti, fra le zampe
crudeli, il dolce viso d’un preludio,
forse travolto nella marcia, prima 40d’aver concessa tutta la sua vita.
Poi più nulla. Ogni spasimo è caduto
tragicamente. Un’aquila ferita
sta su ogni bara, fra le grandi rose 44del martirio. La pace è sulle vette.
In eterno. E la marcia che conduce
quei convogli d’eroi col lento passo
dei secoli penanti, in qualche nulla 48di crepuscoli, or va senza speranza.
Senza speranza d’incontrar nel fuoco
bianco di qualche mistico pianeta
onde d’agnelli che sotto la luna 52l’alba sorprenda in prati d’asfodeli.
Senza speranza di seguir con gli astri
un letargico fiume siderale,
d’udir campane angelizzanti a sera 56verso porte che s’aprono lontane:
sulla vita, ove un piccolo preludio
umano, nell’attesa che i carrocci
ritornino, sospira il suo lamento 60terreno, all’alba dei suoi giorni, mentre
la lenta marcia funebre conduce
lontano dalla via i suoi convogli
leggendari, nei cieli, ove la morte 64accese i roghi dell’apoteosi.