Poesie varie (Angelo Mazza)/Inni e odi/III. Musica direttrice del costume

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Angelo Mazza

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III. Musica direttrice del costume
Inni e odi - II. Bellezza armonica ideale Inni e odi - IV. Musica ministra della religione
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III

MUSICA DIRETTRICE DEL COSTUME.

     Non è di mente achea
favoleggiata imagine
la cultrice de l’uom, musica Iddea:
scese dal elei, quand’ebbero
5forma le cose, in compagnia d’Amor.
     De l’uman cocchio presero
ambo il governo: l’un d’ambrosia e nettare
pasce i destrieri indocili;
l’altra di quelli a reggere
10insegna al condottier l’insano ardor.

     In lui concordi tempre
d’essa al poter fe’ provvida
man di Natura, e, a ravvivar maisempre
d’essa il disio moltiplice,
15aprí teatro d’ogni canto e suon:
     soavi augei dal liquido
gorgheggio, e lene gorgogliar di rivoli,
cheto sospir di Zefiro,
alto fragor di Borea,
20muggir di mare e rimbombar di tuon.

     L’uom, che a imitar pur nacque,
l’armonia beve attonito
che fan l’aere, fra lor, la terra e l’acque;
o rida il cielo, o rompano
25orridi nembi il placido seren,
     ovver su l’arco lucido
spieghi la veste rugiadosa e tremoli
di Taumante la figlia,
del genial settemplice
30digradante color listata il sen.

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     Musica a l’uomo è norma
di bei costumi; e prendono
da lei gli affetti consonanza e forma.
Nasce dai suon dissimili
35concento, che a virtú specchio si fa.
     Se gl’ineguali numeri
vaga proporzion adegua in tempera,
fiorisce il tuono e germina
quinci raccordo, e spandesi
40la colma ondosa musical beltá.

     Tal ne l’umane menti
sorge ammirabil ordine,
quando ragione a’ procellosi ardenti
impeti d’ira il languido
45tenor la voluttá puote accordar:
     onde nativi e facili,
come da fonte, i bei desir rampollano,
che la civil socievole
vita fan bella e varia
50d’opre che ponno l’uom sole bear.

     Videlo il saggio, a cui
da la fabbrile incudine
Armonia volse i primi accenti sui
(dono del caso artefice,
55perché altero men vada ingegno uman):
     ei, che giá fisse l’animo
nel concento eternal che gli astri temprano,
mentre il tranquillo oceano
de l’infinito spazio
60col doppio moto misurando van.

     O a le marine spume
traesse il cocchio o a l’etere,
mirator d’ogni cosa il dio del lume,
lieto s’udia Pitagora
65chiudere e aprire armonioso il dì.

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     Cosí di bei fantasimi
i miti sogni a lui si coloravano;
a lui ne’ sensi vigili
scorrea di modo e d’ordine
70limpida vena che dal cielo uscí.

     Ben a risponder sorde
son di color le orecchie,
c’ha in ira il cielo, a le vocali corde;
o solo in lor risvegliano,
75malnate passioni, odio e furor.
     M’oda Tifeo, che or agita
sotto l’Etna nivale il fianco indomito,
e fumo versa e vortici
di procella fiammifera,
80de le campagne sicule terror.

     Di lunga luce il sole
possa quest’occhi pascere,
per far, musica dea, di te parole!
Di tua possanza i secoli,
85che giá varcâro, interrogar saprò.
     Qual non daran memoria,
ch’io poi consegni a l’avvenir tardissimo?
Dea, tu reggesti al nascere,
tu il mondo serbi e moderi,
90che il disordine rio turbar nol può.

     E quando fia sepolta
ne l’ultimo silenzio
natura da le sue ceneri involta,
e sole e stelle e oceano
95nel caos, confusa mole, arsi cadran,
     tu d’inaudito strepito
le tube animerai del fato gravide,
che, donde emerse, il rapido
tempo nel seno immobile
100d’eternitate ricader faran.