Poesie varie (Pascoli)/Alcune note

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Piccolo vangelo - Gesù
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ALCUNE NOTE



pag. 9. A Roma nella sventura: trad. da Rutilio Namaziano (I vv. 47-66, ed. Baeherens), Nota di E. Pistelli.

pag. 11. A Roma: trad. d’una nota ode greca a Roma (vedi Bergk, Anthol. lyrica, ediz. 2a, pag. 520), Nota di E. Pistelli.

pag. 13. Nelle nozze della principessa Anna M. Torlonia col principe Giulio Borghese: ode stampata nel 1872 in Rimini nella tip. Malvolti. Il principe Alessandro, padre di Anna Maria, ebbe tra gli altri suoi meriti, quello di prosciugare il lago del Fucino che co’ suoi miasmi faceva tante vittime.

pag. 17. In morte di Alessandro Morri: anche quest’ode fu stampata in Rimini nella tip. Malvolti nel 1875. Ci fu chi volle vedere in questa innocente e pensosa poesia qualche cosa (così mi narrava l’autore) contro Cristo. E fu data alle fiamme.

pag. 23. Nel bosco: queste strofe, sebbene inedite, ebbero diffusione tra gli amici e i compagni d’Università. Furono anche musicate dal M° Leoncavallo. L’autore ricordava la musica di una strofa [p. 210 modifica]e spesso la cantava. Nel 1911, il M° Leoncavallo domandò la poesia per ricostruire sulle parole la musica ancor viva nella sua memoria. Non la cercammo nemmeno credendo che non esistesse più. Chi sa che ora il grande Maestro non riprenda quella sua idea?

pag. 43. Epistola (a Ridiverde): Ridiverde era il nome che l’autore dava scherzosamente a Severino Ferrari che, a sua volta, lo chiamava Gianni Schicchi. Questa epistola, al pari di Nel bosco, è antichissima e forma con Romagna, inclusa in Myricae, il nocciolo della poesia famigliare che ebbe poi parecchi continuatori. La prima quartina è posta dal Ferrari come motto al libro terzo de’ Bordatini pubblicati nel 1886. Ma la poesia è anteriore al 1880.

pag. 47. Crepuscolo: questa ballata vide la luce, con qualche diversità, insieme con L’ultima passeggiata, nelle nozze di Severino Ferrari. Poi fu dall’autore ristampata nella prima edizione venale di Myricae nel 1892. Indi tralasciata. I miti non lo appagavano più.

pag. 56. Sonetti eterocliti: questo sonetto e il seguente appartengono alle corrispondenza scherzosa e amichevole dell’autore con Severino Ferrari.

pag. 85. I sepolcri: è l’eco di una visita fatta con le sorelle alla chiesa dei cappuccini a Massa nel giovedì santo. Fu stampato in una Strenna, poi nella [p. 211 modifica]prima ediz. di Myricae. In seguito lo tralasciò per quel saporetto pagano contrario al suo sentimento.

pag. 100. A Orazio Bacci: con questi versi scritti tutti di seguito sopra una cartolina, l’autore ringraziava l’amico per un dono natalizio inviato alle sorelle, le quali, prima di spedire la cartolina, si copiarono la poesia conservandola poi religiosamente.

pag. 104. A un amico di mio padre: è Gaspare Finali.

pag. 105. A Maria che l’accompagnò alla stazione: con queste strofe l’autore esprimeva per lettera da Siena la sua commozione a Maria ch’era rimasta sola a piè del treno dopo averlo visto partire e avergli posto al collo la croce che aveva sul petto il suo padre quando morì. Devo avvertire che non si trattava della madre, ma della sorella che in quel momento e in quell’atteggiamento gli ricordava la madre? sì che gli pareva di essere un buon figliuolo che andasse lontano per aiutarla col suo lavoro?

pag. 112. La vedetta delle Alpi: quest’inno non rammento perchè fatto e da chi richiesto. L’autore aveva sott’occhio l’inno germanico Wacht am Rhein di cui si era fatto un abbozzo di traduzione. Riporto la prima strofa: Suona un grido come tuono, — come clangor di spada e fracasso d’onde. — “Al Reno, al Reno, al Reno tedesco„. — Chi vuole essere il guardiano del fiume? — Cara patria, sta tranquilla: — intrepida sta e fedele la vedetta del Reno — etc.

[p. 212 modifica] pag. 114. A Vittorio Emanuele II: era destinato per una festa di Livorno e doveva essere cantato avanti il monumento del gran Re. La strettezza del tempo impedì al maestro di fare la musica.

pag. 129. Antìclo: questo poema in esametri fu stampato in Flegrea nell’aprile 1899. In seguito l’autore lo ridusse in versi sciolti e lo mise in Poemi conviviali.

pag. 135. Il muratore di ritorno: è ricordato il fatto di quel giovane muratore emigrato, figlio di padre alcoolizzato, tenerissimo della madre povera e lontana, che fu preso da un accesso di pazzia furiosa, e uccise, alla stazione di Milano, il giovane figlio dell’on. Zavattari, mentre cercava di frenarlo.

pag. 147. Aquila e falco: questi pochi versi furono composti dietro richiesta del Ministro dell’I. P. Gianturco per l’albo di autografi che venne offerto ai nostri Sovrani, allora principi, nelle loro nozze.

pag. 154. Romagna: questa piccola ode fu scritta per una bella cartolina disegnata dal valente scultore Tullo Golfarelli. Nel “Resto del Carlino„ che la riprodusse portava queste note dell’autore:
Groma: strumento misuratore dei campi, presso i Romani.
Pendane: festoni fatti con viti.
Il pane rude di Roma, è la pîda, pieda, piè che tutti in Romagna conoscono.

[p. 213 modifica] pag. 167. I due vicini: ne La “Lettura„ dove venne pubblicato questo poemetto erano queste note dell’autore:
Biancane: spazi di terra argillosa che alla superficie sono bianchi o grigi chiari.
Bistugio: lavoro che ha avuto la prima cottura. Si dice anche biscotto, ed è strano detto.
Bozzo: piano ben levigato dove s’impasta l’argilla.
Calcio: è il piede o parte inferiore del gambo della pianta.
Calena: fuliggine.
Piallaccio: creta impastata.
Roncare: zappettare intorno al piede delle pianticelle, levando così l’erbacce e ammassando la terra intorno ai gambi.
Rusco: spazzatura, avanzi di cucina, messi in una buca o in un mucchio a marcire.
Scianto: sciopero o vacanza.
Sdutto: sottile, snello.
Sfigurirsi: sincerarsi, accertarsi; ma è parola molto più espressiva. Ho trovato in una scrittura del 400 discredersi in senso presso a poco uguale. Discredersi mi par significhi quel dire, dopo un avvenimento strano o meraviglioso o doloroso: chi l’avrebbe creduto? non l’avrei mai creduto! E sfigurirsi varrebbe, secondo me: chi se lo sarebbe figurato!