Primo maggio/Parte sesta/XV

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Parte sesta - XV

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Mentre egli andava verso il Circolo, il Geri alle nove saliva lentamente le scale di casa sua, per andare a sonare il campanello della sua signora. No, questa volta non c’era più dubbio: essa era stata un quarto d’ora sul terrazzino, appoggiata alla ringhiera, e nella oscurità egli aveva ben visto il suo bel busto di grande ragazza voltato verso di lui, che di sotto ne spiava ogni minimo movimento. E un’idea gli era venuta: che quel medesimo articolo di suo marito, violento, rabbioso, forsennato, che egli aveva letto la sera prima sulla Quistione, e che, rivoltandogli il sangue, gli aveva fatto sentire più spasimato il vecchio desiderio di vendicarsi mettendo in fronte a quel poetastro il marchio dei mariti svergognati e ridicoli, avesse destato nell’animo della sua signora, già irritata da lungo, se non la stessa intenzione, almeno un bisogno sdegnoso di rappresaglia. Però, per quanto fosse esperto e d’una bella audacia, capiva l’arditezza dell’atto, e, pensandoci, si soffermava ogni tre scalini, studiando il modo di dar l’assalto, tenendosi aperta una larga via di ritirata. Quello che gli dava animo, però, era la conoscenza dell’indole della signora, in cui era una certa mollezza linfatica, che gli pareva non desse a temere, anche in caso di un fiasco, un risentimento vivo, né immediato, né durevole: era una donna da rifiutare ragionando, mollemente, come si fa d’una proposta non conveniente, e da lasciargli ancora, per riguardo alle sue relazioni col padre, un’onorevole amicizia. No, c’era il rischio di fallire; ma non quello di fare uno scandalo. E con questo pensiero, suonò il campanello.

La signora -, messo a letto il ragazzo, - stava nella camera da desinare, tenendo sulle ginocchia uno dei libri socialisti d’Alberto, di cui aveva letto qualche pagina, immersa nei suoi soliti pensieri tristi; ma sopra tutto hantée da una immagine, in cui per lei si rappresentavano tutte le idee relative alla questione sociale, e che da giorni la seguitava con l’ostinatezza d’una visione di febbricitante. Alla eterna domanda che si faceva: - Dov’è la ragione? dov’è il torto? dov’è la verità? dov’è l’errore? - sempre rispondeva quell’immagine, la moltitudine nera che empiva l’orizzonte, e da cui usciva un fremito lamentevole come quello d’un oceano; se non che, a grado a grado, una luce tenue si faceva in quella sterminata massa oscura, che gli metteva terrore e pietà: le braccia tese apparivano, apparivano i bimbi macilenti o muti levati in alto, apparivano i visi innumerevoli, su cui le goccie di sudore e di pianto si mescolavano alla polvere della terra e del carbone, e da quell’enorme diffuso mormorio d’incipiente tempesta, cominciavano a uscir parole e frasi distinte, venenti da vicino, da lontano, da sterminate distanze, parole e frasi d’ira che la facevan rattristare, parole di dolore che la pigliavano alle viscere, parole di preghiera che le rimescolavano il cuore. E quando il suo pensiero stava per ritrarsi spaventato, al di sopra delle teste di quella folla, in prima linea, s’alzava la testa bionda d’Alberto, a cui brillava in fronte come una stella l’Idea, Alberto che le faceva cenno con la voce dei suoi più bei giorni: - Giulia, vieni con me! - al suono ideale di questa voce, essa trasaliva, quando suonò il campanello.

L’annunzio di Geri le diede una scossa; essa si presentò - ne fu sgomenta -, ma ebbe la forza di dissimulare. Lo ricevette in quella stessa camera, cortesemente, e lo fece sedere sul sofà, impaziente di sentire che pretesto avrebbe dato alla sua visita.

Egli lo espose lentamente, pesando ogni parola, un po’ sconcertato di vedere sul viso di lei un turbamento sì, ma non di quel carattere che egli sperava. E disse che era un pezzo che desiderava di venirle a far visita, più come amico di suo padre, che come amico di lei, che a chiamarsi tale non aveva titoli abbastanza. Capiva quanto fosse indelicato far allusione a quanto era occorso in famiglia. Voleva dirle soltanto come egli avesse capito fin da principio come un animo elevato e gentile come il suo dovesse aver sofferto del dissenso d’idee sorto tra lei e suo marito.

E s’arrestò, prudentemente.

Ella riconobbe la necessità d’esser ardita per acquistar la certezza che voleva. E rispose: - Oh certo, signor Geri, nessuno è meglio in grado di lei di comprenderlo. Io ho sempre pensato che lo comprendesse, - e questo mi fa un conforto.

L’affermazione con cui essa, non abituata a fingere, disse queste parole, coincideva talmente con l’accento e il modo usuale della civetteria, che il Geri ne fu preso; e questo, e l’effetto che risentì da un rapido sguardo alla bianchezza abbagliante che dava al suo collo la veste nera in cui era chiusa, gli diedero un forte impulso:

- E fu appunto l’aver capito - disse - quanto lei doveva soffrire, che mi... ridestò... ma in fondo, era un sentimento non stato mai morto. Era rimasto soltanto nascosto sotto un’amara invidia per chi aveva avuto una fortuna che io non meritavo.

Essa chinò il capo.

- E nessuno -, continuò con più dolcezza, animato - soffre dei dolori d’una donna quanto chi è certo nel suo cuore che non glie ne avrebbe mai dato nessuno, che non avrebbe mai avuto con lei un dissenso di idee... che, quando l’avesse avuto, l’avrebbe nascosto a prezzo di qualunque sacrifizio, piuttosto di turbare per un’ora la serenità della sua vita.

A queste parole la signora dimenticò un momento la sua parte. - Mi scusi, signor Geri - disse con voce malferma - io non posso lasciarle credere... È mio dovere di dirle che ho bensì sofferto delle idee di mio marito, o piuttosto, sofferto che per la mia intelligenza, per la mia mancanza di cultura, che so io? per indole, non fossi in grado di comprenderle. Ma ho sempre capito il movente generoso del suo cuore, son sempre stata certa che egli non mi ha dato un solo dolore volontariamente; desidero che non ne dubiti.

La difesa del marito parve al Geri un atto di doverosa cavalleria femminile, - di quelli che compie spesso la donna per rabbonir la coscienza un momento prima di tradirlo.

- E non ne ho mai dubitato, signora. E la bontà che lei aveva per suo marito me la rende più stimabile... - poi, piano: come il suo dolore la faceva più bella.

Detto questo, e alzati gli occhi, egli, non psicologo, commise l’errore di prender per un sorriso un moto del suo viso che era una contrazione, simile a quella che fa far l’acqua fredda sulla nuca, che è simile, infatti, a un sorriso tra di voluttà e di dolore. E continuò accendendosi: - E tutto questo fece più vivo in me ogni giorno il bisogno di dirle che quindici anni trascorsi non hanno mutato nulla in me, che un sol giorno non è passato senza ch’io desiderassi ardentemente di parlarle una volta come ora le parlo, di trovarmi seduto qui accanto a lei, con lei sola...

Un atto sfuggevole di lei gli fece mutare la frase e il tono con una rapidità fulminea.

- ... per offrirle la mia amicizia. - soggiunse.

Quel grossolano gioco di scamotaggio, che veniva troppo tardi, l’offese più della dichiarazione che aspettava. Essa s’alzò, e disse a bassa voce, commossa:

- Come può parlar d’amicizia alla moglie il peggior nemico del marito?

Il colpo era preveduto; ma, per quanto egli fosse solido, gli fu rude. S’alzò, e disse freddamente:

- Lei s’inganna, come altri l’hanno ingannata. Del resto, non tento di disingannarla. So quanto è difficile sradicare un preconcetto simile dalla mente d’una moglie affezionata. Non mi resta che a rallegrarmi, e lo faccio sinceramente, che ella s’avvicini alle idee di suo marito.

E prese il cappello.

Essa sentì la puntura.

- E quando ciò fosse? Possono essere idee errate, ma che non entrano che nelle anime nobili, signor Geri. E lei me ne persuade più che altri mai.

Quegli sorrise livido, e s’arrestò, mentre stava per andarsene, disse rispettosamente: - Del resto, non mi maraviglio. La donna, si dice, perché è una funzione d’evoluzione specifica, l’apparecchio per eccellenza di messa in circolazione della vita, è fisiologicamente socialista. Lei non poteva tardare...

A quello scherno, essa premette con atto sdegnoso il bottone del campanello elettrico.

Scacciato? L’orgoglio di lui urlò, diventò pallido - e perdette i lumi, ma non trovò una parola tanto presto che non giungesse prima la cameriera.

- Accompagna il signor Geri - le disse ella con tuono sprezzante.

E quegli, inchinandosi rispettosamente, lanciò la frecciata del Parto: - Porterò i suoi saluti alla signora Zara. - E disparve.

Quell’ultimo oltraggio le andò all’anima, e si lasciò cadere sul sofà, angosciata, ma più per suo marito, che per sé. Era offeso in casa sua, in lei, lui assente, il suo povero Alberto, che da quell’offesa avrebbe avuto una pugnalata nel cuore! Ed essa l’aveva creduto un amico! E l’aveva difeso! E suo padre era suo intimo! E siffatta gente vituperava le idee di Alberto! E fu presa da una grande pietà, da una grande tenerezza per lui, mentre il Geri, a passi concitati d’ira, andava al Circolo, per smaltire l’odio e l’ira che gli rodevano il cuore.