Renovatione della Chiesa/Lettere dettate in estasi/XII

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Lettera XII

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Lettere dettate in estasi - XI Lettere personali

Al’ Nome della Prima Verità Amoroso Verbo, e unito con l’human’ genere.

Al sopradetto Ill.mo Cardinale Padre suo R.mo 1

La inutile figliuola della prima Verità, attratta dall’amore che lo mosse a lasciar se stesso a rinovare le già tante notitie date, se bene a lui non cognite, dell’importante, grande e grata opera di Dio e suo dolce volere; sforzata dal sopradetto Amore di havere voluto lasciar se stesso nel S.mo Sacramento e dato a esso tal dignità, che tanto facilmente lo può trattare nelle sua mane, perché sono sforzata, dico, a pregarlo e incitarlo che voglia levar sé sopra di sé, affissando l’occhio in esso amoroso Verbo, sapendo certo che se ciò farà, s’accenderà in desiderio e fiamma ardentissima di amare le pecorelle a lui commesse, sì come ci mostrò in questa sera il Verbo humanato.

Dhe voglia il mio rev.mo Padre far quello che in tal sera fece e ci mostrò il nostro creatore, governatore e sommo monarca dell’universo, CHRISTO JESU, lasciando sé per noi e dando sé a noi, non per un poco, no, ma per insino alla consumation del secolo (cf. Mt. 28,20). Dhe, voglia il mio charissimo Padre, per chiamarlo per il più dolce nome che mi sia concesso, lasciar se stesso a Dio, sì come esso Verbo lasciò se stesso per noi, andando alla passione, sottomettendo la sua humanità nel volere e beneplacito del suo eterno Padre; e sì come si dette a noi lasciandosi nel S.mo Sacramento per nutrimento e cibo dell’anime nostre, così esso si voglia ancor dare alle creature sua.

Et come lascerà tutto se stesso in Dio? Si lascerà, dico, quando vorrà, ancor che da un vile strumento, intendere il suo dolce volere, dove riceverà lume speculandosi in quello indeficiente lume a tale che potrà dire: in lumine tuo videbimus lumen (Sl. 35,10); e non potrà fare di non essere illuminato. E così in tal lume lo veggo rilassato in Dio e intendere il suo volere e, con un sommo e quieto voler suo, lo veggo mettere in esecutione l’opera.

Si darà ancor poi alle creature sì come fece la dolce Verità in questa sera; e non potendo sì come essa Verità dar se stesso in cibo, darà quello che esso Dio gli ha dato per nutrimento suo e delle creature suddite a lui, che sono le sustantie e beni temporali, lasciandole tutte quanto all’affetto, solo possedendole per sovenire alle sua necessità e poter nutrire e cibare esse creature membri di Christo le quale, patendo delle cose necessarie al proprio vivere, si partono alcune volte dal bello e formoso corpo della santa Chiesa; e questo è penoso a chi non s’è prima rilasciato in Dio.

Si lascerà ancora alle creature in questo altro modo: non mancando con la dottrina e con l’esemplo nutrire e sudditi sua, dati a lui in custodia, facendolo con quella sapientia e prudentia che gli infonderà Dio. Et se andrà ben considerando e ruminando quelle parole che disse l’antica e nuova Verità, che sarebbe con noi insino alla consumatione del secolo, non gli metterà pensiero il lasciare una certa consuetudine e habito fatto, che è alquanto difficile; e così ancora la difficultà che si trova nel resistere alle tentatione che el nemico gli potessi dare. Né manco attenderà alle lingue delle creature assistente a lui, le quale spesse volte mosse da charità, se ben non è charità, no, ma se l’ammantellano, gli dicessino parole che potessino impedire tal opera e voler di Dio. Ricordisi che Dio sarà con lui dandogli l’aiuto e illuminandolo sempre di quello che harà a fare; il qual lume all’hora veramente acquisterà quando farà una ferma e vera deliberatione di voler lasciare in tutto le cose create da Dio e, quel ch’ è più, dare il corpo suo a possedere alle creature, dico che non lo stimi più di quello che è necessario per poter servirsene a honorare Dio e aiutare le sua creature.

Dhe vogliate, dhe vogliate, charissimo Padre, fare tal deliberatione, perché quando l’harete fatta vi infonderà Dio tanto lume che potrete penetrare, intendere e mettere in esecutione el dolce suo volere; e non temerete il dire delle creature assistente a voi e anche, dico, al l’istesso demonio per dir così, che è lui che le fa dire, ma desidererete di dare il corpo vostro a ogni sorte di morte per vedere compito esso voler di Dio, onde potrete dire con l’innamorato di Paulo: michi mundus crucifissus est, et ego mundo (Gal. 6,14).

Non favello poi con Vostra Signoria ill.ma con credenza che non intenda il voler di Dio, ma lo fò di già innamorato di esso volere, et sendone così innamorato deve considerate quelle dolce parole che disse la prima Verità in questa sera a sua apostoli: che si conoscerebbe se fussin sua apostoli alla diletione (cf. Jo. 13,35). Non potrà l’intelletto mio credere, né esser capace, che il mio rev.mo Padre ami el prossimo suo se sopporterà di vederlo sdrucciolare nel precipitio de peccati e caminare, per dir così, per la via dell’inferno. Né l’affetto mio potrà gustare che ami esso suo prossimo quando non terrà conto di vedere che tanti si vadin riposando di modo nelle vanità, e cose transitorie e caduche di questo misero mondo, che si privin di Dio. Né la volontà di me, misera miserabile, potrà apprendere che l’ami quando andrà dissimulando che gli altri christi e spose consecrate a Dio vadino ammantellando le promesse e voti fatti a esso Dio, con darsi a intendere (ancor che nell’interno loro conoschin che non è) che Dio si pasca solo delle promesse fatte senza osservarle. Né potrò anco credere che esso stimi el prezzo del Sangue che ha sparso lo svenato Agnello, quando sopporterà che l’anime redente e decorate con esso pretiosissimo Sangue se ne vadino così precipitosamente correndo all’inferno.

Dhe non si scordi ancora di quelle parole qual disse il vergineo Giovanni: che la luce è venuta nel mondo e gli huomini hanno amato più le tenebre che la luce (cf. Jo. 3,19). Gli dico che la luce è nel mondo perché l’amoroso Verbo, che è la vera luce, habita con noi mediante le receptione del Corpo e Sangue suo. Et sa Vostra Signoria ill.ma che le delitie sua sono habitare co figliuoli degli huomini (cf. Prov. 8,31): piglierà diletto habitare in lui, che pur ancor esso è uno de figliuoli degli huomini, se bene in maggior grado e dignità di alcuni altri huomini per poter ministrare esso Corpo e Sangue agli altri. Dico che esso Verbo piglierà diletto e habiterà in lui, quando si spiccherà in tutto dalle cose create dategli da Dio per sovenire alle creature sua.

Doppo che harà considerato tante dolce parole dell’antica e nuova Verità, e gustato e tanti suavi frutti dell’amoroso giardino della santa Scrittura, deve risguardare affissando l’occhio, sì come gli dissi nel principio, nello svenato Agnello in croce con bramoso desiderio di venire all’imitation sua; e vedrà se esso ha stimato el suo honore, però che è volsuto morire della più opprobriosa morte che si possa inmaginare.

E risguardandolo ancora in tutta la sua vita, vedrà che se havessi havuto ricchezze, volentieri l’harebbe date dispensandole abondantemente alle sua creature; ma per esemplo nostro, non le volse mai possedere, ancor che fussi ricchissimo, come dice san Paulo: in quo sunt omnes thesauri absconditi (Col. 2,3), ma dette tutto el suo pretiosissimo Sangue, spargendolo da tutte le sua membra per mondare l’anime nostre, volendo ancora che esse sua sacre membra gli fussino disiunte dal suo corpo per riunire a sé, vero Capo nostro, noi creature, sua chari membri. Onde questo gli sarà un continuo sprone di disunire da sé, ad immitatione sua, tutto l’amor proprio, con privarsi delle sustantie che gli ha dato Dio, per sovenire alle necessità e inopia delle creature suddite a lui, non stimando ancora el proprio honore per aiutar riunire e membri che si son dilungati dal vero capo, CHRISTO crocifisso, e in particulare e consecrati e consecrate a lui.

Et seguendo ancora di risguardare esso amoroso Verbo, vedrà che come innamorato della sua creatura si incarnò pigliando la nostra humanità, nella quale humanità ci dette tutto el suo pretiosissimo Sangue con tanto fuoco d’amore che si condusse insino a patire l’opprobriosa morte della croce, dove con sette parole dette compimento alla redentione e mostrò la grandezza del suo amore. Et voi co’ sette Sacramenti dovete provocare le creature a amare Dio e dare compimento alla rinovatione dell’osservante vivere de religiosi e grato voler di Dio. E sì come esso Verbo con quella parola: sitio (Jo. 19,28), mostrò la sete che haveva dell’anime nostre; così voi col sacramento del Corpo e Sangue suo, del quale in tanta abondantia tenete le chiave, dovete mostrare la sete che habbiamo havere di Dio. Et che più può satiare e cavar la sete all’anima se non esso S.mo Sacramento? E ancora con esso Sacramento havete a cavar la sete a sudditi vostri di queste cose quaggiù transitorie, mostrandogli la pretiosità di esso Corpo e Sangue di Jesu Christo, procurando che l’anime vivino in tal modo, che possiate stare con quieto animo che non lo ricevino indegnamente, come può essere che alcuni faccino.

Dhe sì, dhe sì vogliate conoscere la virtù e il prezzo di questo Sangue e darlo a conoscere a gli altri. O se il sangue d’una fiera hebbe tanta forza che fece dire a Jacob, vedendo la vesta di Joseph tinta di esso sangue, che non si rallegrerebbe insino che non vedessi il suo figliuolo (cf. Gn 37,35), quanta maggior forza deve havere in voi il Sangue dell’humanato Verbo che procede da quello istesso essere dell’essentia di Dio, e far sì che non vi quietiate insino a tanto che non veggiate riuniti e rinnovati e più chari membri del vostro capo Christo, e massimo di quelli dati a voi imparticular custodia. E non vi vogliate lasciar vincere da un vile animale quale è il pellicano, che apre col becco il petto suo e del proprio sangue va cibando e nutrendo e figliuoli sua. Non vi invito a dare il proprio sangue, ma sì bene a dare a conoscere il prezzo del Sangue dello svenato Agnello, e far sì che non sia dispregiato.

Dhe non vi vogliate fermare nelle parole di sì vil creatura, ma sì bene nella esecutione dell’importante opera di Dio e suo dolce volere. Hor vò concludere col mio r.mo Padre, ricordandogli che consideri quel che mosse Dio a ricrearci, la grandezza che ha dato a tutte le creature che possono esser capace della vision sua, la dignità che ha dato a lui del grado che tiene, la brevità del tempo e la pretiosità e bontà di esso Dio, e l’utilità che ha da riuscire di questa tanto grande e grata opera di Dio.

Non voglio esser più lunga con Vostra Signoria ill.ma, ma solo vi dico e constringo da parte dell’antica e nuova Verità che vogliate mettere in esecutione il dolce voler suo, preparata a mille inferni e a sopportare quante sorte di morte si potessi mai trovare, e di qual sorte di strumenti si potessin nominare, per non veder più Dio offeso.

Dhe non si perdoni più né a roba, né ha honore, né ha corpo, né a vita per adempire il dolce voler di Dio.

Et come vostra inutile figliuola vi domando la santa beneditione. Jesu, Jesu, Jesu.

Del nostro monasterio Santa Maria delli Angeli presso a san Fridiano, il dì 4 di settembre 1586

L’humile Ancilla dell’humanato Verbo

Suor Maria Maddalena de’ Pazzi

Note

  1. Alessandro de’ Medici