Ricordanze della mia vita/Parte terza/XLIII. Incertezze

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XLIII. Incertezze

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XLIII

Incertezze.

Santo Stefano, 28 ottobre 18.56.

Aglietiello1 non è ancora partito: il mare è cosí grosso che da tre giorni non vengono battelli da Ventotene. Però dal 24 in qua non abbiamo notizie e siamo al buio d’ogni cosa.

L’altrieri domenica 26 al fare del giorno abbiamo avuta una forte e lunga scossa di terremoto. S’è intesa anche costá? Ha fatto danno? Tu ne sei stata spaventata? Come stai, o Gigia mia, diletta mia?

Il nuovo comandante è una buona persona. È venuto a visitarci cortesemente: m’ha detto che stava al Granatello, e mi ha dato i saluti di mio fratello Alessandro. Respiriamo un poco, perché non abbiamo vessazioni: favori non ne voglio, ma seccaggini neppure.

Ripenso sempre a quella benedetta lettera di don Vincenzo, scritta di tuo ordine. Immagino che tuo nipote ti ha detto che il re ha ceduto, ma che questo fatto non si può pubblicare prima che non ritorni risposta alle comunicazioni fatte a Parigi ed a Londra. Però tu mi hai fatto scrivere cosí in aria e cosí breve: però è questo indugio, che forse durerá per qualche altro giorno. Ma che sará? Rimarrò qui? avrò pena di ferri? avrò pena di relegazione? esilio dal regno? confini? tornerò libero? Io non so che aspettarmi, perché non so che cosa si è chiesto e con quale efficacia, e che cosa si vuole concedere. Non mi aspetto molto, ma poco, e assai poco. [p. 427 modifica]Libertá assoluta mi pare impossibile, una pazzia: forse sará la relegazione, o l’esilio dal regno. Io vorrei l’esilio. Che posso dirti? sto cosí sospeso d’animo che non so che pensare e che dire. Non voglio sperar nulla, non voglio fissarmi con la mente a nulla: se no, può svanire ogni cosa, ed io rimango sciocco e gabbato. Aspetto freddamente: quel che sará, sará. Addio di nuovo, o Gigia mia diletta. Addio.


Note

  1. Era un marinaio che portava la corrispondenza. [N. di R. S.]