Rime (Dante)/XC - Amor, che movi tua vertù dal cielo

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XC - Amor, che movi tua vertù dal cielo

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Dante Alighieri - Rime (XIII secolo)
XC - Amor, che movi tua vertù dal cielo
LXXXIX - Chi guarderà già mai sanza paura XCI - Io sento sì d'Amor la gran possanza
Altre rime d’amore e di corrispondenza

 
Amor, che movi tua vertù dal cielo
come ’l sol lo splendore,
ché là s’apprende più lo suo valore
dove più nobiltà suo raggio trova;
5e come el fuga oscuritate e gelo,
così, alto segnore,
tu cacci la viltate altrui del core,
né ira contra te fa lunga prova;
da te conven che ciascun ben si mova
10per lo qual si travaglia il mondo tutto;
sanza te è distrutto
quanto avemo in potenzia di ben fare,
come pintura in tenebrosa parte,
che non si può mostrare
15né dar diletto di color né d’arte.

Feremi ne lo cor sempre tua luce,
come raggio in la stella,
poi che l’anima mia fu fatta ancella
de la tua podestà primeramente;
20onde ha vita un disio che mi conduce
con sua dolce favella
in rimirar ciascuna cosa bella
con più diletto quanto è più piacente.
Per questo mio guardar m’è ne la mente
25una giovane entrata, che m’ha preso,
e hagli un foco acceso,
com’acqua per chiarezza fiamma accende;
perché nel suo venir li raggi tuoi,
con li quai mi risplende,
30saliron tutti su ne gli occhi suoi.

Questo è ne l’esser suo bella, e gentile
ne gli atti ed amorosa,
tanto lo imaginar, che non si posa,
l’adorna ne la mente ov’io la porto;
35non che da se medesmo sia sottile
a così alta cosa,
ma da la sua vertute ha quel ch’elli osa
oltre al poder che natura ci ha porto.
E’ sua beltà del suo valor conforto,
40in quanto giudicar si puote effetto
sovra degno suggetto,
in guisa ched è ’l sol segno di foco;
lo qual a lui non dà ne to’ virtute,
ma fallo in altro loco
45ne l’effetto parer di più salute.

Dunque, segnor di sì gentil natura
che questa nobilitate
che avven qua giuso e tutt’altra bontate
lieva principio de la tua altezza,
50guarda la vita mia quanto ella è dura,
e prendine pietate,
ché lo tuo ardor per la costei bieltate
mi fa nel core aver troppa gravezza.
Falle sentire, Amor, per tua dolcezza,
55il gran disio ch’i’ ho di veder lei;
non soffrir che costei
per giovanezza mi conduca a morte;
ché non s’accorge ancor com’ella piace,
né quant’io l’amo forte,
60né che ne li occhi porta la mia pace.

Onor ti sarà grande se m’aiuti,
e a me ricco dono,
tanto quanto conosco ben ch’io sono
là ’v’io non posso difender mia vita;
65ché gli spiriti miei son combattuti
da tal ch’io non ragiono,
se per tua volontà non han perdono,
che posson guari star sanza finita.
Ed ancor tua potenzia fia sentita
70da questa bella donna, che n’è degna;
che par che si convegna
di darle d’ogni ben gran compagnia,
com’a colei che fu nel mondo nata
per aver segnoria
75sovra la mente d’ogni uom che la guata.