Rime (Vittoria Colonna)/Sonetto CXI

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Sonetto CXI

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Sonetto CX Sonetto CXII


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SONETTO CX


Quando più stringe il cor la fiamma ardente,
   Corro all’ alme faville, ond’ esce il foco,
   Ivi più ognor m’ accendo, ivi m’ alloco,
   E per sì dolce ardor l’ alma il consente.
D’ appressarsi al suo mal rimedio sente;
   Spregia il martir per appregiar il loco;
   Alla cagion si volge, e prende in gioco
   Il grave duol dell’ affannata mente.
Nasce dal vivo lume un raggio tale,
   Che di ricca speranza ognor m’ adorna,
   E poi mia fede in lieto fin predice.
Chi non adora un valor senza uguale?
   Chi non contempla un Sol, che sempre aggiorna?
   Chi non ammira sì nuova Fenice?


SONETTO CXI


Quando più stringe il cor la fiamma ardente,
   Corro all’ alme faville, ond’ esce il foco,
   AMor mi sprona, e in un tempo m’ affrena,
   Lo star mi strugge, e ’l fuggir non m’ aita,
   Ugualmente mi spiace morte e vita,
   Giusto duol certo a lamentar mi mena.
Questa nuova tra noi del Ciel Sirena,
   Che per cosa mirabile s’ addita,
   Qual io la vidi in su l’ età fiorita,
   Sempre m’ è innanzi per mia dolce pena.
La divina incredibile bellezza
   Raddoppia all’ alta impresa il mio valore,
   Che il fren della ragion Amor non prezza.
E dolendo addolcisce il mio dolore,
   Nè l’ alma mia punto di sdegno sprezza,
   Che tal fin fa, chi ben amando more.