Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/Sermone di Natale

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Sermone di Natale

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SERMONE DI NATALE


 

O Messia profetato ai sofferenti,
          Pietoso un dì consolator del mondo,
          Inutilmente ormai torni alle genti,
                                   4Bambino biondo!

Non è più il tempo in cui l’amor potea
          Illuminar le menti e incender l’alme,
          In cui per te Gerusalemme avea
                                   8Osanna e palme.

O dilettose al cor notti stellate
          De’ colli galilei sui dolci clivi,
          Tra il canto delle donne innamorate,
                                   12Sotto gli ulivi;

O susurranti al sol gaie fontane,
          Di solinghi riposi allettatrici,
          Cui sale la canzon delle lontane
                                   16Spigolatrici:

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O vigne d’Israel che i dolci frutti
          Maturaste all’umil schiera seguace,
          Voi non l’udrete più chieder per tutti
                                   20Giustizia e pace!

E tu, benigno, che a cercar scendevi
          L’agnel che si smarrì nella campagna
          E l’Evangelo dell’amor dicevi
                                   24Sulla montagna,

Guarda! Un’idolatria cauta e discreta
          Agli Apostoli tuoi cresce l’entrate.
          Pietro che ti negò batte moneta;
                                   28Tommaso è frate.

Il sangue che grondò dalla tua croce
          Oggi feconda l’odio e non l’amore.
          Presso al complice altar veglia feroce
                                   32L’inquisitore.

L’astuta ipocrisia dell’egoismo
          Che la ragione all’util suo sommette,
          Distilla le bugie del catechismo
                                   36Nelle scolette

E nella Chiesa che chiamar non sdegna
          Santo l’inganno e la menzogna pia,
          Angelico Dottor, Barabba insegna
                                   40Teologia.

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Perchè tornar se alla novella pena
          Oggi trarresti inutilmente il fianco?
          Più balsami non ha la Maddalena
                                   44Pel rabbi stanco.

Non si ricorda più d’averti amato,
          Ma, isterica romea, col bacio scende
          Al laido piè che, del tuo nome ornato,
                                   48Caifa le stende:

E colei che chiamar madre ti piacque
          E nel sepolcro il corpo tuo compose,
          Or vezzeggia i clienti e vende l’acque
                                   52Miracolose.

Fuggi, fuggi da noi, bambino biondo:
          Torna piangendo dal presèpe al cielo.
          Il Sillabo di Pio cacciò dal mondo
                                   56Il tuo Vangelo.

Dall’avarizia vinta e dal peccato
          La tua fede morì povera e nuda
          Oggi nel nome tuo regna Pilato,
                                   60Governa Giuda.